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Recensione: Betty's Place, di Susan Moretto

Titolo: Betty's Place
Autore: Susan Moretto
Editore: Triskell Edizioni
Pagine: 416
Prezzo: 5,99 € (ebook), 10,20 € (cartaceo)

Voto: 4,5/5

Puoi acquistarlo QUI.

Questo ebook ci è stato gentilmente offerto da Triskell Edizioni in cambio di una recensione onesta.

Quarta di copertina: 

Stella sta scappando. Dalla famiglia, dal marito e dal proprio dolore. 
A Betty's Place trova la pace che cercava, ma non è tutto come sembra: in questa casa dal nome così evocativo strani e oscuri episodi le scuotono la vita, eventi inspiegabili che solo Kitty, la sua gatta, sembra comprendere. 
Tutti nascondono qualcosa: Melinda, l'anziana amica, padrona e vicina di casa, Ryan, uomo misterioso e seducente che pare comprenderla meglio di chiunque altro, e la stessa Stella, riluttante a svelare il proprio passato. Ma quali sono questi segreti taciuti? Qual è il mistero che avvolge Betty's Place?
Quando tutto sembra andare in frantumi intorno a lei rischiando di travolgerla, Stella avrà la forza di lottare per ritrovare se stessa? Ma, soprattutto, vorrà farlo?

Recensione di Antonella:

Conoscete la tecnica grafico-pittorica chiamata frottage? Si mette un foglio sopra una superficie irregolare, o un oggetto piuttosto piatto, come una moneta o una foglia, e ci si colora sopra usando un pastello o una matita per vedere magicamente apparire la trama di ciò che la carta nasconde. Ebbene, il romanzo Betty’s Place di Susan Moretto mi fa pensare proprio al frottage: i personaggi, così come la trama, si svelano poco a poco, non mancando di suscitare meraviglia nel lettore man mano che vengono alla luce. Ciò che abbiamo all’inizio del romanzo è una prima immagine, che qualunque osservatore occasionale potrebbe cogliere, ma poi ecco che le tinte iniziano a mescolarsi, talvolta a confondersi, mentre il canovaccio si colora e mostra il quadro, quello vero. Un quadro che continua a comporsi per tutta la lettura, e che forse sarà completo solo alla fine. Forse.

Non è semplice svelare una storia poco per volta e, allo stesso tempo, mantenere viva l’attenzione del lettore e incentivare la sua voglia di sapere di più. Susan Moretto ci riesce con il suo Betty’s Place: attraverso un’efficace narrazione in prima persona la protagonista, Stella, ci rende partecipi del suo passato di sofferenza. Lo stile dell’autrice è gradevole, pulito e ben articolato, non ci sono virtuosismi letterari che appesantirebbero una storia che invece arriva immediata e pulita, riuscendo quindi a trasmettere le emozioni giuste al momento giusto: tristezza, partecipazione, speranza e talvolta anche la giusta dose di adrenalina. Ho trovato molto efficaci i brevissimi capitoli scritti dal punto di vista di Kitty, la gatta di Stella, che ci racconta di avvenimenti misteriosi e inquietanti che solo lei riesce a percepire, anche senza vederli. Attraverso il suo sguardo felino scopriamo dettagli volta a volta più inquietanti, entrando in contatto prima della stessa protagonista con il mondo
sovrasensibile che la circonda e che finirà per influenzarne il destino. Confesso che mi sarebbe piaciuto se il romanzo fosse terminato con la voce di Kitty, l’avrei trovato appropriato, in qualche modo!
Come dicevo, gli antefatti necessari alla comprensione della storia vengono resi noti un po’ alla volta, soprattutto attraverso brevi considerazioni e ricordi della protagonista e i suoi racconti, tra cui quello più esaustivo di tutti fatto alla nuova amica, nonché vicina e padrona di casa, la splendida Melinda. Sono sprazzi di una vita che ha un grosso spessore, proprio per questo è meglio assorbirla gradatamente, secondo me.

Avevo una vera e propria ossessione per il cibo. Non perché volessi essere più snella, o più formosa, ma per il semplice fatto che dopo avevo perso interesse per il cibo: semplicemente avevo smesso di mangiare, e di fare molte altre cose. Ma dopo il ricovero mi ero resa conto che Carl usava il peso come un indicatore della mia salute mentale. Se dimagrivo, allora ero in crisi e dovevo curarmi, quando ingrassavo, stavo bene e poteva allentare il guinzaglio.

Così mi pesavo ogni giorno, e appena perdevo un chilo correvo a ingoiare qualsiasi cibo ipercalorico mi capitasse in mano. Mangiavo con metodo, senza alcun piacere, con l’unico scopo di mantenere il peso stabile. Ed era triste, perché prima mi divertivo a cucinare e a mangiare, lo trovavo catartico
I personaggi di questo romanzo sono costruiti molto bene, possiedono una buona caratterizzazione e dimostrano un discreto sviluppo psicologico. A cominciare dalla protagonista, che è riuscita come un piccolo capolavoro e la cui evoluzione nel corso del libro è ben calibrata e gestita a dovere: Stella è un personaggio ben concepito, molto coerente in ogni momento con se stessa. Un esempio della sua notevole coerenza è rappresentato dal suo modo di relazionarsi con gli altri: regolarmente le capita di arrabbiarsi con persone che non c’entrano direttamente con il motivo della sua rabbia, pur essendo pienamente cosciente di stare agendo in maniera irrazionale. Il corso degli eventi ha un grosso peso su di lei, portandola gradatamente da uno stato di depressione profonda a un atteggiamento combattivo e proiettato verso un futuro che nemmeno lei credeva di volere. Il suo cuore inaridito, privato di ogni tipo di emozione, finisce per riempirsi nuovamente, ma non da un giorno all’altro, bensì lentamente, un passo per volta. Anche in questa capacità di mantenere i tempi di sviluppo Susan Moretto dimostra le sue buone qualità di scrittrice.
Pure gli altri personaggi del libro sono altrettanto ben tratteggiati. Melinda è frizzante e acuta, le sue battute da ‘Hitler in gonnella’ (come ama definirla Stella) suscitano ilarità e rendono apprezzabile la verve dell’aziana signora, che potremmo tranquillamente definire diversamente giovane.

 «Senti, mia cara, io ho quasi novant’anni. Non ho un appuntamento più o meno da quando si credeva ancora che la Terra fosse piatta.» Altra forchettata di dolce. «Amo le storie romantiche e un po’ scabrose, ma hanno interrotto la mia soap opera preferita. Quindi mi rimani solo tu.» Prese un sorso di tè corretto. «Dunque ti prego, per il mio bene, sii più esauriente.»

 Sullo sfondo della narrazione troviamo Zack, il figlio del proprietario di uno dei locali più frequentati a Cape Elizabeth, che si invaghisce di Stella e cerca di portarla a vedere il bello della vita, incosciente del dramma che la donna si porta appresso. La sua visione da occhiali rosa dell’“esistenza”, come la definisce la stessa Stella, lo fa apparire quasi troppo ingenuo per i suoi trent’anni, tanto da lasciar credere al lettore che ne abbia molti di meno… o che abbia vissuto una vita tutto sommato semplice e priva di scossoni. Non si può non provare simpatia per lui, comunque, anche perché ognuno di noi ha incontrato una persona simile almeno una volta nella vita, anzi, magari la ritrova ogni mattina gurdandosi allo specchio!

Poi ecco comparire il misterioso Ryan. Bello, affascinante e carismatico, possiede il dono di irritare profondamente Stella, attraendola oltremodo allo stesso tempo. Le sue battute sono argute e molto godibili, giocate sul filo del doppio senso in un modo davvero arguto e simpatico. Non posso svelare troppo su questo personaggio per non cadere nella trappola dell’anticipazione, ma fidatevi se vi dico che sin dalla sua prima apparizione si entra in contatto con il suo umorismo… dell’altro mondo!

Altri personaggi minori sono piuttosto ben definiti, anche se qualcuno rimane sullo sfondo senza svilupparsi in alcun modo, come accade ad esempio per Zoe, la sorella di Zack, alla quale inizialmente si potrebbe attribuire un peso molto maggiore di quello (inesistente) che effettivamente ha.

Un buon lavoro, dunque, che mi ha suscitato molte domande e mi ha offerto diversi spunti di riflessione. Non posso entrare troppo nello specifico senza anticipare nulla, ma credo di poter condividere alcune considerazioni relative alla scelta (se di scelta si può davvero parlare) tra vivere o morire.
Stella non desidera più vivere. Troppo dolore ha segnato la sua esistenza, rendendola fragile e priva di emozioni capaci di riempirle il cuore. Trovo tuttavia la sua posizione molto difficile da accettare. In sintesi, lei rimprovera a suo marito, Carl, il fatto di non lasciarla libera di decidere del suo destino in questo senso: vorrebbe poter scegliere di suicidarsi senza essere fermata, in piena accettazione del suo volere. Però, al di là del dolore, della sofferenza e di quant’altro,  una persona innamorata difficilmente può lasciare morire colui o colei che ama come se si trattasse di scegliere tra vino bianco o vino rosso per accompagnare la cena. Mi sono chiesta a più riprese, durante la lettura, come Stella potesse pretendere da Carl un’accettazione totale, senza alcuna forma di resistenza. Forse è un po’ come per l’eutanasia: la persona amata arriva a un punto di sofferenza tale da desiderare di por fine alla propria vita. Può accadere, in questo caso il sentimento amoroso travalica i confini dell’immaginabile e si fa portatore di un fardello che può essere considerato, in qualche maniera, un atto di estremo amore, ovvero restare accanto a chi si ama pur non condividendone le scelte. Però mi fa arrabbiare il modo in cui Stella aggredisce Carl, non concedendogli il beneficio dell’attenuante data dall’essere innamorato di lei, sua moglie. A ben vedere, anche lui deve aver attraversato un inferno tremendo nei due anni precedenti l’inizio di questa storia, a causa degli eventi che hanno spinto Stella a scappare da New York per rifugiarsi a Cape Elizabeth. Carl è sceso agli Inferi insieme a lei. Per lei. E lo ha fatto per amore. Forse non meriterebbe tanto livore da parte sua. Si tratta comunque di considerazioni personali, che nulla tolgono al valore del romanzo.

«Hai pensato che sarei tornata a casa?» conclusi per lui, interrompendolo. Mi sciolsi dal suo abbraccio, l’ansia che a poco a poco mutava in rabbia dentro di me. «Che mi sarei lasciata trascinare in terapia?» sbottai. Ero consapevole che Zack ci stesse guardando e soprattutto ascoltando, ma non riuscivo a tacere. Una cosa gli avevo chiesto, una sola, e lui non mi aveva ascoltata! «Beh, hai pensato male! Perché cavolo sei dovuto venire qui? Era così difficile per una volta lasciarmi fare quello che volevo?»
In conclusione, ho amato Betty’s Place. Ho apprezzato la scrittura di Susan Moretto, i suoi personaggi così convincenti, anche tutti gli interrogativi che mi ha posto di fronte, compresi i tanti momenti in cui mi sono chiesta come fosse possibile che Stella scegliesse di rimanere in quella casa, pur comprendendo che c’era qualcosa di troppo strano. Una buona lettura, che ho divorato una pagina dopo l’altra, e che giunta all’ultima riga non mi ha abbandonata del tutto, tanto che ho scritto all’autrice per chiederle, per confrontarmi con lei, per sapere. Un capitolo conclusivo che, tutto sommato, potrebbe essere anche un nuovo inizio. Un romanzo che, come pochi, avvince in un misto di realtà e… immaginario?


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