Autore: Federico Galdi
Editore: Plesio Editore
Pagine: 244
Prezzo: 4,99 (ebook) e 13,00 € (cartaceo)
Voto: 4,5/5
Quarta di copertina:
Minako, discendente
della nobile famiglia Fa, si è ritirata in monastero, dove spera di poter
dimenticare il passato, ma lì verrà raggiunta dal fratello Shuǐlóng, poiché
entrambi convocati nella capitale delle Tre Province. Sono passati più di 2000
anni da quando l’Imperatore di Giada ha sottomesso i draghi tramite l’Incanto,
potente incantesimo che ne determina ancora oggi la sottomissione, ma la
ragazza è chiamata a impossessarsene.
Riuscirà a mettere da parte l’orgoglio e obbedire agli ordini dello shōgun?
Recensione di Ariendil:
È sempre difficile
per me capire bene cos’è che mi spinge non solo a comprare un libro ma anche a
farlo balzare in cima alla lista di quelli in attesa. La trama? Certo, ma tutte
le trame in quella lista sono interessanti. Il genere? Può darsi, ma ho
parecchi libri per ogni genere che aspettano di essere letti. L’autore? Direi
di no, quello funziona solo con i big.
E allora? Non so
dare una risposta valida per ogni scelta, ma forse posso intuire il motivo per
cui stavolta ho aperto proprio “Tramonto a oriente”. Venivo da queste letture:
un libro di un famoso autore giapponese ambientato in Giappone e un altrettanto
famoso fantasy. Famosi o no, osannati o no, sono stati entrambi deludenti. E
allora perché non unire queste due delusioni leggendo un fantasy ad
ambientazione giapponese?
Poteva essere un
disastro, invece è stata la lettura migliore delle ultime settimane.
“Tramonto a oriente”
è un Giappone per occidentali, che nel mio caso vuol dire un Giappone
comprensibile. Ed è sensato che sia così, perché il target sono i lettori
italiani. È il Giappone degli anime con cui siamo cresciuti, dove la storia è
una storia universale, adatta a chiunque, ma lo sfondo è fatto di yokai, oni,
ramen e ciliegi in fiore. Allo stesso tempo questo non vuol dire che lo sfondo
sia solo un cartonato, sostituibile senza troppi problemi con un altro, magari
con grattacieli e odore di fast food, perché questo Giappone è intrinsecamente
legato alla trama del libro, ai personaggi, al loro modo di agire, alla loro
storia.
È proprio in questa
completezza che risiede la forza del libro, nella coralità degli elementi e
nell’equilibrio tra essi. I personaggi stessi si dividono la scena, tanto che è
difficile stabilire se il vero protagonista sia Minako, Naito o Shuîlong. Non so
se questa scelta possa infastidire qualche tipologia di lettore, forse più
incline a seguire le gesta di un unico eroe, ma di sicuro non ha infastidito
me. Anzi, è uno degli elementi che mi ha stupito e conquistato.
L’altro è stato
senza dubbio la scrittura. Il libro è scritto bene, c’è poco da dire, con uno
stile semplice e pulito che non sta troppo a badare a fronzoli e merletti. Non
si bada troppo neanche allo stomaco perché se c’è da far saltare qualche testa
non ci si tira indietro.
Leggetelo. La vostra
testa non salterà, ma di sicuro la perderete.
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