Autore: James S.A. Corey
Editore: Fanucci Editore
Pagine: 578
Prezzo: 4,99 € (ebook), 18,99 € (cartaceo)
Voto: 3,5/5
Quarta di copertina:
Le navi militari della Marina Libera hanno messo in ginocchio la Terra, dando inizio a una campagna di pirateria e violenze che coinvolge i pianeti esterni. Le navi dei coloni, dirette verso le migliaia di nuovi mondi al lato opposto dell’anello dei portali, sono facili prede e nessuna marina, da sola, è in grado di proteggerle. James Holden e la flotta della Rocinante conoscono meglio di chiunque altro i punti di forza e le debolezze di questo gruppo ribelle. Per questo motivo, ciò che resta della vecchia forza politica ormai sotto attacco si riunisce in una comune task force e chiede loro di intraprendere un’ardua missione per raggiungere la Stazione di Medina, nel cuore della rete dei portali. Ma le nuove alleanze sembrano essere più deboli delle antiche e la lotta per il potere è appena iniziata. In un clima di crescente disordine, una misteriosa forza aliena sta accrescendo i propri poteri e flotte pirata, ammutinamenti e tradimenti potrebbero rivelarsi un problema minore per la Rocinante. Nei misteriosi spazi oltre l’anello dei portali, le scelte di pochi, oltraggiati e disperati, potrebbero determinare il destino dell’intera umanità. Una rivoluzione iniziata col fuoco terminerà nel sangue... Il sesto avvincente capitolo della serie The Expanse.
Recensione di Ariendil:
Prima o poi doveva succedere: anche la migliore space opera dai tempi di
Asimov doveva avere una battuta d’arresto. Per me, è questo sesto volume. Che
non è un brutto libro e non è nemmeno un contenitore vuoto di idee esaurite,
resta ampiamente sopra la media e continua tranquillamente a mangiare in testa
alla maggior parte delle ultime uscite dello stesso sottogenere, ma non regge
il paragone con la grandiosità degli altri, soprattutto dei due meravigliosi
volumi che lo hanno preceduto.
Così come è stato molto facile per me individuare gli elementi che finora
mi hanno fatto sgranare gli occhi di meraviglia, mi è altrettanto facile
individuare ora quello che non ha fatto scattare la scintilla. Provo a
spiegarvelo andando per ordine.
Nemesis Games, splendido sotto tutto i punti di vista, aveva avuto un
solo piccolo difetto, che il resto della storia era riuscito a fagocitare e
l’abilità delle due penne a nascondere, ma che è poi stato non solo l’eredità
di Babylon’s Ashes, ma il suo fulcro: Marco Inaros. Marco dovrebbe essere il
super cattivo della situazione e in effetti è a causa sua se tutto il sistema
solare è finito a gambe all’aria: la Terra distrutta, Marte senza più una
prospettiva di crescita, la Fascia ancora più divisa in fazioni, l’Anello inutilizzabile.
Solo che, e non so come dirlo in termini più gentili, Marco è un inetto.
Vero, è quello che ha causato più danni alla Terra dopo il meteorite che ha
fatto estinguere i dinosauri, ma ciò è stato possibile perché si è trovato nel
posto giusto al momento giusto.
Marco è il cliente che entra in un negozio e vince un premio perché
casualmente è il milionesimo. Questo fa forse di lui un vincente? No, fa di lui
solo un uomo molto fortunato.
E, credetemi, i Corey provano in tutti i modi a farcelo piacere come
antagonista: provano prima a dipingerlo come un leader, poi a farlo passare per
terrorista, lo infilano in una storia di amore-odio con la sua vecchia fiamma
Naomi, descrivendolo come un Adone a cui basta muovere un sopracciglio per
avere tutte le donne dell’universo, poi accendono la rivalità con Holden, con
quest’ultimo che giustamente non gli dà troppo peso e l’altro che finisce per
essere ossessionato dal capitano della Rocinante. Che è un po’ come se io mi
convincessi di poter rivaleggiare con Trilussa solo perché siamo tutti e due di
Roma e ci piace usare nomi non nostri.
In soldoni, Marco sta al carisma come io sto al sonetto romanesco.
L’inettitudine dell’antagonista, incapace di sostenere su di sé la fetta di
romanzo che gli spetterebbe, impedisce anche lo svilupparsi di un conflitto di
personalità con il/i protagonista/i, perciò gli autori hanno dovuto pescare
altrove figure che potessero dare quello spessore caratteriale che a Marco
Inaros manca.
Poteva essere una buona soluzione, che però si è infranta contro l’abisso
che c’è tra le prime linee di personaggi, ormai tutti già “arruolati” come voci
narranti, e le seconde linee, finite nel dimenticatoio perché di scarso
interesse. E se le vicende dei vari Pa, Namono, Praxie erano poco interessanti
quando l’universo era ancora relativamente piccolo intorno a loro, lo sono
ancora meno ora che si è espanso, e la storia con esso. Senza contare la
promozione a voce narrante di altri personaggi del tutto irrilevanti. Questo
non fa altro che togliere anziché aggiungere: toglie pathos, toglie empatia,
toglie interesse, toglie anche quel poco di simpatia che personaggi come ad
esempio Praxie avevano a suo tempo suscitato.
La seconda conseguenza di questo carosello di voci narranti è la
frammentazione della narrazione in veramente troppi punti di vista. Non che sia
difficile da seguire, non lo è, ma è difficile coglierne l’utilità.
Se finora tutto questo si può far risalire alla pochezza narrativa di
Inaros, l’ultimo aspetto negativo non ha niente a che vedere con lui, ma con
una ponderata scelta degli autori di posticipare (spero che sia solo
posticipato!) l’approfondimento del mistero legato alla sparizione di alcune
navi che attraversano l’Anello, bellissimo cliffhanger con cui si chiudeva il
libro precedente.
Vero è che i due eventi - Inaros che bombarda la Terra da una parte e le
navi che spariscono attraverso l’Anello dall’altra - sono simultanei, ma avrete
capito da questa mia recensione che il mio interesse era decisamente spostato
verso il secondo. Probabilmente se ne riparlerà nel settimo libro, “Persepolis
Rising”, che al momento è ultimo tradotto in Italia benché la serie continui
con almeno altri due volumi.
Spero di ritrovare le vicende che hanno portato all’espansione.
L’espansione di tutto: dell’universo, della Roci, del suo equipaggio, del mio
amore per questa saga che, almeno stavolta, vive di rendita e di aspettativa.
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