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Recensione: Miss Billy, di Eleanor H. Porter

Titolo: Miss Billy
Autore: Eleanor H. Porter
Editore: Cignonero
Pagine: 156
Prezzo: 3,99 € (ebook), 18,00 € (cartaceo)

Voto: 3,5/5

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Quarta di copertina: 

Un malinteso,
tre fratelli.
Chi sposerà Billy?


William Henshaw ha quarant’anni, è vedovo e vive in una grande villa insieme ai suoi fratelli minori, entrambi scapoli impenitenti: il gelido e sarcastico Cyril, pianista di fama internazionale, e Bertram, scapestrato pittore ribelle. 
La loro vita scorre tranquilla e appagante, finché William non riceve una lettera: Billy, il figlio mai conosciuto di un caro amico d’infanzia, è rimasto orfano. Ha bisogno di un posto dove stare e di una famiglia, e l’unica persona a cui può rivolgersi è proprio William, l’uomo al quale deve il suo nome.
William Henshaw non può rifiutare una così accorata e straziante richiesta d’aiuto, soprattutto se arriva dal figlio del suo caro amico ormai morto, di cui non però non ricorda neppure l'esistenza. Non resta allora che avvertire Cyril e Bertram e preparare le stanze per l’arrivo di Billy. 
C’è solo un piccolo problema: nessuno di loro ha ancora capito che Billy, in realtà, è una ragazza. 

«Chi non avrebbe pensato che fosse un ragazzo?» s’intromise Cyril. «Si chiama Billy! Riesci a dirmi per quale motivo un uomo sano di mente chiamerebbe una ragazza Billy?»

Eleanor H. Porter, già acclamata autrice di Pollyanna, disegna dei personaggi forti e indimenticabili, una commedia degli equivoci romantica e frizzante, che sorprende e si legge d'un fiato.

Recensione di Antonella:

Sono rimasta piacevolmente stupita quando mi è capitato sott’occhio questo ebook e ho visto che si trattava della stessa autrice di « Pollyanna », Eleanor H. Porter, che mi ha accompagnata da ragazzina. Dovevo leggerlo, senza se e senza ma.
Ho affrontato questa lettura conscia che si tratta di un testo scritto a inizio Novecento, quindi mi aspettavo che potesse essere un po’ pesantino nello stile; ebbene, sono stata gradevolmente disattesa, perché mi sono trovata tra le mani un libro fresco ed molto piacevole, che mi ha catturata col suo fascino un po’ rétro… ma neanche tanto!
La narrazione scorre accattivante, non sembra di star leggendo un romanzo del 1911, se non fosse per alcuni dettagli legati agli usi del periodo, ad esempio il fatto che una giovane donna non potesse rimanere in una casa abitata da soli uomini che non fossero parenti senza avere con sé uno chaperon, ovvero una signora che le stesse accanto per salvaguardare la sua reputazione. La trama è ben costruita, il filo narrativo principale scorre senza intoppi, semplice ma non scontato, sostenuto da alcune vicende minori, ben realizzate, che però rimangono sullo sfondo. Il romanzo si rivela una brillante commedia degli equivoci romantici, effetto accentuato dagli inopportuni interventi della sorella di William, Bertram e Cyril, Kate Henshaw: convinta di agire per il meglio, certa del fatto che i suoi tre fratelli andrebbero alla deriva senza il suo provvidenziale aiuto, la donna finisce sempre per immischiarsi a sproposito, pur animata da buone intenzioni. Non risulta totalmente sgradevole solo perché si avverte il suo desiderio di far bene, e perché in fondo è lei a movimentare e rendere accattivanti le vicende. Si creano perciò situazioni alimentate dal fraintendimento, certo favorite dall’immaginazione e dall’abitudine della protagonista, Billy, di saltare a conclusioni affrettate; situazioni imbarazzanti per i personaggi ma godibili per il lettore, che aspetta con curiosità di scoprire come si risolveranno tutte le questioni aperte. Immaginare la conclusione è davvero difficile, io non ci sono riuscita! In questo mi complimento con l’autrice, che ha saputo costruire una trama non scontata, muovendosi con eleganza tra i paletti stilistici e di comportamento previsti dall’epoca.

I personaggi risultano ben costruiti sin dall’inizio, presentando una caratterizzazione accurata e realistica. Anche i personaggi secondari sono curati, il che rende funzionali le vicende correlate al nucleo narrativo principale.
Billy, la protagonista che crea scompiglio nella vita dei tre scapoli, suscitando le preoccupazioni della sorella Kate, è frizzante e vivace, entusiasta e desiderosa di essere bene accetta. Per certi versi può ricordare Pollyanna, il personaggio più famoso della Porter, pur presentando caratteristiche più adulte (la conosciamo tra i 18 e i 21 anni, Pollyanna nel primo volume era una ragazzina). È audace e intraprendente, capace di giostrarsi in ogni situazione. Rappresenta senza dubbio l’ideale di donna moderna dell’epoca: una giovane che sa il fatto suo, indipendente e capace. La Porter doveva certo possedere una vena lievemente femminista!
I tre scapoli che se la trovano in giro per casa presentano caratteri molto differenti, proprio per questo arricchiscono la narrazione e contribuiscono a non rendere scontata la storia. Ognuno hale proprie peculiarità, e per ognuno l’autrice ha saputo costruire un percorso evolutivo interessante e non privo di sfide, che li condurrà verso un finale meritato, ma non scontato. Certo, la domanda principale che sorge spontanea all’inizio della lettura è "Chi sceglierà Billy?". Ebbene, non vi svelo nulla, altrimenti vi rovinerei il piacere della lettura!

L’ambientazione del romanzo è abbastanza accurata, è evidente che si tratti di luoghi ben noti all’autrice, e che ricordo essere stati già teatro dei suoi lavori precedenti legati al personaggio di Pollyanna. Ritroviamo perciò Boston, dove si svolge il fulcro della storia. Altre località vengono citate di sfuggita, comunque non sono determinanti ai fini narrativi. Ho trovato estremamente godibile la descrizione della Torta, ovvero la casa dei fratelli Henshaw; la descrizione che ne dà Bertram, in uno dei primissimi capitoli, mi è risultata subito simpatica. Inoltre, l’autrice ci offre sapientemente diverse informazioni relative agli occupanti, sia di tipo caratteriale che psicologico, il tutto con la frizzante leggerezza del minore degli Henshaw.

«Vedi, è così» avrebbe volentieri spiegato Bertram a un conoscente che esprimesse sorpresa per il nome; «se potessimo tagliare la parte anteriore della casa proprio come un pezzo di torta, lo capiresti meglio. Ma supponiamo che la vecchia Bunker Hill debba improvvisamente esplodere e seppellirci tutti sotto tonnellate di cenere… immagina solo la sorpresa che avranno quei futuri archeologi quando incapperanno nella nostra casa dopo mesi di scavi! Che cosa troveranno? Ascolta: il primo strato è il quarto piano. È di Cyril, lo sai. Noterebbero i pavimenti spogli, i mobili pesanti, il pianoforte, il violino, il flauto, le pareti tappezzate di libri e l’assenza di ogni sorta di tenda, cuscino o soprammobile. “Qui abitava un uomo semplice”, direbbero; “uno studioso, un musicista, severo e burbero, difficile da amare; un monaco.” E poi? Troverebbero lo strato successivo, che è quello di William, il terzo piano. Immaginalo! Conosci William come un broker di State Street, benestante, vedovo, alto, spigoloso, lento nel parlare, un po’ calvo, molto miope, ed è il datore di lavoro dal cuore più gentile del mondo. Ma per conoscere davvero William, devi vedere le sue stanze. William è un collezionista. Ha sempre collezionato cose… e le ha conservate tutte. Narra la leggenda che all’età di un anno sia tornato a casa con quattro piccole e rotonde pietre bianche. Se è vero, le ha ancora adesso. E oggi ha quarant’anni. Miniature, avori scolpiti, insetti, falene, porcellane, giade, francobolli, cartoline, cucchiai, etichette per i bagagli, programmi teatrali, carte da gioco. Non c’è niente che non collezioni. Adesso si è fissato con le teiere. Immagina: William e le teiere! Ed è tutto lì, nelle sue stanze, un glorioso ammasso di ciarpame. Immagina solo quegli archeologi che cercano di far vivere il loro “monaco” lì! Ma quando troveranno me, cioè il mio strato, saranno ancora più confusi. Vedi, a me piacciono i cuscini e la comodità, e ne ho ovunque. E mi piacciono un sacco di altre cose. Le mie stanze non appartengono a quel monaco neppure un po’. E quindi» avrebbe spiegato Bertram allegramente, «questo è il motivo per cui chiamo tutto questo La Torta.»

L’unica nota dolente di questo romanzo è costituita dai tanti, troppi refusi sparsi per tutto il libro. Mi sono chiesta come sia possibile che ne siano rimasti così tanti, sia errori di battitura, sia omissioni di parole o piccoli errori grammaticali. Non essendo una prima pubblicazione, il testo dovrebbe essere stato ampiamente rivisto e corretto. Un vero peccato, l’unica pecca di un romanzo leggero e godibile in tutto il suo fascino di un altro tempo. Mi auguro fortemente che la casa editrice valuti la possibilità di una revisione, anche perché penso che la Porter non meriti un trattamento simile.

Un libro che vale la pena leggere, comunque, frizzante e allegro come una commedia romantica degli anni Cinquanta. Equivoci, fraintendimenti, battute argute, il tutto accompagnato da un pizzico di sano romanticismo, et voilà! Il romanzo è servito!

Nota aggiunta il 26.07.2019: 
L'editor della casa editrice ci ha contattate assicurandoci che avrebbero caricato la versione corretta del file. 


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