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Recensione: The Hollower, di Mary Sangiovanni

Titolo: The Hollower
Autore: Mary Sangiovanni
Editore: Dunwich Edizioni
Pagine: 282
Prezzo: 4,99 € (ebook), 14,90 € (cartaceo)

Voto: 4/5

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Questo ebook ci è stato gentilmente offerto da Dunwich Edizioni in cambio di una recensione onesta.

Quarta di copertina: 

Qualcosa di alieno sta perseguitando gli abitanti di Lakehaven, nel New Jersey. Non può vederli, ascoltarli o toccarli, ma li conosce: le loro paure, le loro insicurezze e i loro segreti. Sa come distruggerli dall'interno. E non si fermerà fino a quando non saranno tutti morti. Dave Kohlar ha sempre pensato di essere un buono a nulla. Ma quando realizza che la sua sanità mentale, la sua vita e la sicurezza della sua famiglia e dei suoi amici sono in pericolo, dovrà cercare dentro di sé una forza che il suo avversario ultraterreno non può toccare: una forza in grado di salvarli tutti.


Recensione di Ariendil:

C’è poco da girarci intorno: The Hollower fa paura.
E questa sarebbe la recensione più breve di sempre se il romanzo mantenesse la tensione dei primi capitoli fino alla fine. Per mia fortuna non è così, e la fortuna non è soltanto poter articolare meglio questa recensione, ma soprattutto riuscire a finire il libro. Perché, lo dico onestamente lasciando cadere la maschera da dura, i primi quattro o cinque capitoli mi hanno inquietata talmente tanto che ho avuto gli incubi per tre notti di fila e non credo che avrei sopportato una lettura del genere per altre duecento pagine. Non so se questo “far rifiatare” il lettore sia un effetto voluto, ma immagino di sì: nessuno scrittore, neanche uno scrittore horror, vorrebbe terrorizzare qualcuno tanto da fargli chiudere prematuramente il libro. In effetti, è grazie alla parte centrale del romanzo, forse la più “piatta”, che ho continuato la lettura: la tensione è calata, i personaggi hanno iniziato a interagire tra loro ed è comparso uno spiraglio di luce in tutto quel terrore.
Ma facciamo un passo indietro: cosa c’è di tanto inquietante in quei primi capitoli?
La paura è un sentimento interessante e complicato, ma soprattutto è diverso da persona a persona. C’è chi è terrorizzato dai mostri, che siano vampiri o zombie, in ogni caso esseri malvagi nati dalla fantasia o dalle leggende. C’è chi è terrorizzato dalla violenza umana, in genere condita da qualche disturbo mentale, che invece è saldamente radicata nella realtà. C’è chi è terrorizzato da tutto ciò che riguarda spiriti e affini, l’ampia gamma di paure “mistiche” che vanno dalle possessioni alle infestazioni.
Non saprei dire con certezza in quale di queste, o altre, categorie rientri l’Hollower. O almeno l’Hollower dei primi capitoli. Quello che si sa di lui è solo come appare e a chi. E allora ecco i quattro protagonisti (Dave, Erik, Cheryl e Sean) che vedono questo essere dal lungo soprabito, il cappello a tesa larga e i guanti che sembrano fluttuare su braccia senza polsi. E soprattutto l’assenza di faccia. Sì, perché sotto il cappello l’Hollower li guarda di rimando pur non avendo gli occhi e ghigna pur non avendo una bocca: la sua faccia è una macchia bianca, senza rilievi o lineamenti, ma capace ugualmente di trasmettere ai quattro sventurati le sue pessime intenzioni. Lo vedono sempre quando sono soli, di notte, e lo vedono sbucare dal nulla, sul marciapiede mentre guardano fuori dalla finestra, nella stanza nella quale sono appena entrati, oppure ne sentono i pensieri e le intenzioni senza neanche vederlo, ma loro sanno che è lì con loro, mentre sono nel letto e cercano di dormire, mentre si fanno la doccia, mentre chiudono il bar prima di tornare a casa. È una tortura continua, perché l’Hollower non si limita a spaventarli con la sua sola presenza, ma gioca anche con le loro paure e con le loro debolezze. Non è un caso infatti che abbia scelto quattro persone nel cui passato c’è una macchia nera di dolore: per Dave è il senso di colpa e di fallimento legato alla sua incapacità di prendersi cura della sorella minore malata, per Erik è il suo passato da tossicodipendente e il difficile rapporto con un padre violento, per Cheryl una molestia sessuale subita da bambina, per il piccolo Sean la morte prematura dell’amato padre. Tutti loro vorrebbero chiudere quegli scheletri nell’armadio più capiente che hanno e ricoprirli di uno strato di roba tanto spesso da soffocarli, ma l’Hollower li riporta in superficie con tutto il loro carico di dolore e paura, con la sua sola presenza.
Ecco, questo è l’Hollower dei primi capitoli e, visto che spesso la fantasia del lettore va più veloce della sua capacità di lettura, ci si immagina già un’escalation di terrore psicologico che manderà in pappa il cervello dei quattro personaggi, del lettore stesso e probabilmente dell’umanità intera. Come accennato in precedenza, non è così. Non solo per via di quella parte centrale più lenta di cui ho già parlato, ma perché si inizia a conoscere l’Hollower. E, si sa, ciò che si conosce fa sempre meno paura. Il mistero lascia allora spazio alla vera natura (aliena, come spoilera la quarta di copertina) del nostro inquietante stalker, e da lì comincia tutta un’altra storia, che mantiene poco dell’horror psicologico dei primi capitoli e si sposta verso un delirio lovecraftiano che forse spaventerà pure qualcuno ma che a me fa lo stesso effetto (piacevole, intendiamoci) di un fantasy: tanta fantasia, tanta azione, tante robette strane sparse in un’ambientazione più o meno realistica, ma paura ben poca.
A giudicare da come parte, direi quindi che il romanzo è in discesa dal punto di vista dell’inquietudine/paura che trasmette, ma in salita dal punto di vista della fantasia attorno alla figura e alle azioni dell’Hollower, che si sgancia dalle “semplici” apparizioni (semplici un par de palle, sono la cosa più spaventosa del libro!) e comincia ad agire come una creatura fisica, con i pregi e i difetti che questo comporta.

Nel finale, lieto fino a un certo punto, è chiarissimo perché questo è solo il primo volume di una trilogia. Ed è tanta la curiosità di scoprire come riuscirà l’autrice a scrivere una nuova storia su questo stesso tema senza ripetersi. Le doti di certo non le mancano.



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