Passa ai contenuti principali

Recensione: Caliban - La guerra (The Expanse #2), di James S. A. Corey

Titolo: Caliban - La guerra (The Expanse #2)
Autore: James S. A. Corey
Editore: Fanucci
Pagine: 573
Prezzo: 4,99 € (ebook), 16,90 € (cartaceo)

Voto: 5/5

Puoi acquistarlo QUI.

Quarta di copertina

Su Ganimede, il pianeta granaio dell’intero sistema gioviano e fonte di approvvigionamento per i pianeti più esterni, un marine dell’esercito di Marte assiste inerme allo sterminio del suo plotone, massacrato da un mostruoso supersoldato. Nel frattempo, Venere è stato invaso da una protomolecola aliena altamente infettiva che, dopo aver apportato misteriosi e catastrofici cambiamenti all’equilibrio del pianeta, minaccia di espandersi nell’intero sistema solare. Sulla Terra, un politico di alto rango lotta per evitare che si riaccenda la guerra interplanetaria. È in questo scenario che James Holden e l’equipaggio della Rocinante provano a mantenere la pace all’interno dell’Alleanza dei Pianeti Esterni. Quando accettano di aiutare uno scienziato a ritrovare un bambino scomparso in una Ganimede devastata dalla guerra, comprenderanno che in gioco c’è molto più della sorte di un singolo. L’avvenire dell’umanità è nelle loro mani, ma riuscirà una sola navicella a impedire un’invasione aliena che forse è già cominciata? Un’epopea visionaria e avveniristica, un viaggio in un futuro remoto ma al tempo stesso sorprendentemente tangibile.

Recensione di Ariendil:


Caliban è il secondo libro della saga The Expanse. Naturale prosecuzione dei fatti narrati in Leviathan, rimane fedele al primo volume anche nell’idea generale di trama: il motore che fa partire la storia è infatti di nuovo la ricerca di qualcuno. Stavolta si tratta di una bambina, la figlia di un biologo di nome Prax, scomparsa nel corso della guerra scoppiata su Ganimede, per ritrovare la quale il disperato padre si rivolge proprio a James Holden. Il nostro buon capitano non può ovviamente rifiutarsi di aiutare qualcuno in difficoltà, ma soprattutto non può perdere l’occasione di ritrovarsi coinvolto nell’ennesimo casino che rischierà di sfociare in una guerra interplanetaria (guerra che poi si ritroverà a dover evitare, facendo venire davvero il sospetto che si diverta a creare tensioni solo per poi essere quello che le risolve).
In ogni caso, così come accaduto in Leviathan con la scomparsa di Julie Mao, anche la ricerca della figlia di Prax si intreccerà con eventi molto più grandi che coinvolgono l’APE, la Terra, Marte e il delicato equilibrio del Sistema Solare. In questo contesto politico e militare prendono spazio altri due nuovi personaggi: Avasarala e Bobbie, donne forti e determinate di cui lo space, e la fantascienza in generale, aveva un disperato bisogno. La prima è una politica, anziana, navigata, anche un po’ scurrile nel suo linguaggio sempre molto schietto come i suoi modi, la seconda un soldato marziano che ha visto il proprio plotone sterminato da un nemico misterioso. Le loro realtà convergono, ampliano la visuale sul mondo di The Expanse, approfondiscono il tema politico e sociale, le relazioni tra pianeti, l’equilibrio che si tenta di raggiungere e, non ultimo, riportano a galla quella minaccia che in Leviathan aveva trovato una risoluzione. Non definitiva, a quanto pare. Perché il detective Miller, coprotagonista del primo libro e grande assente del secondo, è ancora ben lontano dall’aver esaurito il suo ruolo in questa serie che non smette di esaltarmi.

Rispetto a Leviathan, che ha avuto bisogno di un centinaio di pagine per ingranare, Caliban parte a razzo e cattura immediatamente l’attenzione grazie all’affascinante ambientazione di Ganimede, al nuovo assetto politico seguito alla crisi tra APE, Terra e Marte, e anche a quello dell’equipaggio della Rocinante, che trova finalmente una sua identità. A questo proposito, c’è un po’ di rammarico nel non leggere ancora capitoli con qualcuno di loro come protagonista o voce narrante, ma capisco l’intenzione di voler mantenere la figura del capitano Holden a un livello narrativo più di primo piano rispetto al resto dell’equipaggio. Nonostante ciò, tutti loro acquisiscono spessore man mano che la storia va avanti, passando dal ruolo di comparse a quello di comprimari. Ottimi comprimari, a partire da Amos che stupisce sempre di più.
Tra le tre new entry la parte del leone la fa senza dubbio Avasarala, personaggio splendido sia inserito nel contesto generale della storia sia nelle sue più irrilevanti particolarità. Per ovvii motivi di età e di ruolo i capitoli che la vedono protagonista non sono certo tra i più dinamici, ma compensa in personalità ciò che manca in azione. Promossa anche Bobbie, a cui piace vincere facile (è pur sempre un soldato tutto muscoli della Marina marziana). Altalenante Prax, con capitoli in cui non fa che piangersi addosso per la perdita della figlia (umanamente comprensibile, ma, per la miseria, narrativamente moscissimo) e altri in cui mostra invece acume e grinta, crescendo come personalità e impatto sulla storia.
E alla fine arriva la fine. Picco nel finale, degno della più bastarda delle serie tv che ti mette il colpo di scena nell’ultimo fotogramma, costringendoti a guardare un’altra puntata. Qui è lo stesso, mi è toccato cominciare subito il terzo libro, Abbadon’s Gate, perché c’è una parola che non mi si leva più dalla testa: protomolecola.





Commenti