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Recensione: Victorian Vigilante – Le infernali macchine del dottor Morse (vol. 2), di Federica Soprani e Vittoria Corella


Titolo: Victorian Vigilante – Le infernali macchine del dottor Morse (vol. 2)
Autrici: Federica Soprani e Vittoria Corella 
Editore: Nero Press Edizioni
Pagine: 65
Prezzo: 2,99 €

Voto: 4/5

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Quarta di copertina: 

1890. L’assetto europeo manifesta già i germi di una guerra mondiale e vede contrapposte due scuole di pensiero scientifiche: i Maniscalchi inglesi seguaci dell’Ergomeccatronica, che sfruttano esoscheletri potenziati per implementare le capacità di lavoratori e soldati, e i Senza Dio fautori della Meccagenetronica, localizzati nell’Europa dell’Est, che hanno sviluppato terrificanti ibridazioni uomo-macchina. A Londra s’innesca una battaglia senza quartiere tra il misterioso vigilante mascherato Spettro di Nebbia, il Sergente Malachy Murphy e la spietata Baba Yaga, una donna meccanica alle dipendenze del Dottor Anton Morse, genio della Meccagenetronica dai loschi fini. Nella lotta verranno coinvolti anche il giovane tagliatore di diamanti ebreo Mordecai Gerolamus, perseguitato da invisibili e inquietanti demoni, la giornalista d’assalto Catherine “Orlando” Swan e suo fratello Percy, direttore del Giornale. In questo secondo episodio molti segreti verranno alla luce e il destino di Spettro di Nebbia si incrocerà inesorabilmente con quello dei suoi nemici, a cominciare da Vassilissa, la Baba Yaga.


Recensione di Ariendil:

Il primo volume di Victorian Vigilante prometteva tanto. Poteva essere un bene o un male, una lama a doppio taglio per Federica Soprani e Vittoria Corella, le due autrici di questa saga che, divisa in tanti piccoli episodi, poteva rischiare di essere più fumo che arrosto.
Poteva.
Ma no, non è andata così.
Certo, di fumo ce n’è comunque tanto: c’è quello di una Londra immersa nei vapori dello steampunk, c’è quello che si porta appresso lo Spettro di Nebbia, c’è quello che aleggia su figure inquietanti che prendono sempre più sostanza man mano che la storia decolla. E la storia finalmente decolla, dando al lettore la ciccia che vuole trovare sotto misteriosi fumi e invitanti profumi.
Dopo un primo volume che definirei di presentazione (presentazione dell’ambientazione, dei personaggi, della storia), in questo secondo si delinea la trama e cominciano gli intrecci. Il passato riemerge e con esso vengono a galla segreti e vecchie relazioni tra personaggi. Forse in alcuni casi risulta un po’ troppo semplice lo scioglimento dei nodi, con l’individuazione del “nemico” che avviene con una casualità forzata che fa combaciare i pezzi con estrema facilità. Ma è pur vero che si tratta di una novella e l’accorciamento dei tempi potrebbe essere conseguenza della mancanza di spazio a disposizione per uno svolgimento più articolato.
In ogni caso, seppur a tratti con l’impressione di giocare a un gioco a difficoltà bassa, la storia intriga, l’ambientazione affascina e le due penne, tanto in simbiosi da non riuscire a distinguere le diverse mani, incantano. Bello lo stile della narrazione, adatto al mondo nel quale si muove lo Spettro, in bilico tra l’impalpabilità della sua stessa natura e la concretezza della nuova scienza con la quale si scontra. I flashback arricchiscono la storia anche in senso temporale, dandole maggiore profondità e ulteriori diramazioni, presentando nuovi personaggi che riescono a prendersi la scena nonostante appartengano al passato.

Fate attenzione ad arrivare fino a questo punto con Victorian Vigilante perché dopo questo secondo episodio la saga non si può abbandonare: bisogna conoscere il destino di Malachy, scoprire cosa vedono i demoni nella mente di Mordecai, assistere allo scontro imminente tra lo Spettro e il dottor Morse, con le sue macchine infernali. E c’è un angelo-golem a fare da variabile impazzita in tutto questo. Insomma, impossibile fermarsi qui.



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