Autore: Rebecca West
Editore: Fazi Editore
Pagine: 404
Prezzo: 9,99 € (ebook), 17,00 € (cartaceo)
Voto: 3,5/5
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Questo ebook ci è stato gentilmente offerto da Fazi Editore in cambio di una recensione onesta.
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Quarta di copertina:
È trascorso qualche anno da quando abbiamo salutato la
famiglia Aubrey. Le bambine non sono più tali: i corsetti e gli abiti si sono
fatti più attillati, le acconciature più sofisticate; l'ozio delle giornate
estive è solo un ricordo. Oggi le Aubrey sono giovani donne, e ognuna ha preso
la sua strada: le gemelle Mary e Rose sono due pianiste affermate e vivono le
difficoltà che comporta avere un talento straordinario. La sorella maggiore,
Cordelia, ha abbandonato le velleità artistiche per sposarsi e accomodarsi nel
ruolo di moglie convenzionale. La cugina Rosamund, affascinante più che mai,
lavora come infermiera. La madre comincia piano piano a spegnersi, mentre il
padre è sparito definitivamente. Poi c'è lui, il piccolo Richard Quin, che si è
trasformato in un giovane seduttore brillante e, sempre più, adorato da tutti.
La guerra, che piomberà sulla famiglia come una catastrofe annunciata, busserà
anche alla sua porta, e sconvolgerà ogni cosa. Mentre l'Inghilterra intera è
costretta a separarsi dai suoi uomini, l'universo delle Aubrey si fa sempre più
esclusivamente femminile: gli uomini e l'amore rimangono un grande mistero, un
terreno inesplorato da attraversare, pagine ancora tutte da scrivere che,
forse, troveranno spazio nel prossimo volume di questa appassionante saga
familiare. Dopo "La famiglia Aubrey", "Nel cuore della
notte" è il secondo capitolo della trilogia di Rebecca West.
Recensione di Antonella:
Nel cuore della notte è il secondo
volume della trilogia dedicata alla famiglia Aubrey, di Rebecca West. Ho
adorato il primo libro, La famiglia
Aubrey, quindi non potevo assolutamente mancare questo secondo
appuntamento. L’aspettativa era alta, considerato inoltre che non leggo quasi
mai romanzi facenti parte di una serie, la responsabilità a carico della West
era notevole.
Mi viene spontaneo dire, come prima osservazione, che ho
apprezzato di più il primo libro. Non so se sia colpa proprio dell’aspettativa,
o se davvero questo romanzo sia più lento e meno coinvolgente rispetto al
precedente. Ho notato subito che gli avvenimenti degni di nota sono
notevolmente diminuiti, quindi i capitoli risultano un po’ piatti e certo più
monotoni. Il testo risulta più statico, tuttavia regge bene grazie a due
fattori molto importanti. Anzitutto, lo stile dell’autrice, capace di
descrivere avvenimenti, ambienti e personaggi con una grazia poetica che rende
tutto più godibile, anche se, talvolta, mi è parso che le descrizioni
rendessero la narrazione un po’ troppo prolissa. Lo sguardo disincantato e
addirittura cinico di Rose ci accompagna anche nel corso di questo secondo volume,
seppure lievemente ammorbidito, forse perché la protagonista non è più una
bambina e vede il mondo con occhi diversi. Non troppo, però.
Un bambino è un adulto temporaneamente costretto a condizioni di vita che escludono qualsiasi possibilità di essere felice. Quando si è piccoli ci si trova a dover lottare con delle menomazioni simili a quelle inflitte da un qualche terribile incidente o da una malattia; però, mentre le persone menomate o paralizzate vengono compatite perché non possono camminare e devono essere portate in giro e non possono esprimere chiaramente i loro bisogni o i loro pensieri, nessuno prova dispiacere per i bambini, nonostante di continuo piangano e urlino la loro frustrazione e il loro orgoglio ferito. È vero che anno dopo anno la situazione migliora, consentendo di raggiungere una maggiore padronanza di sé, ma tutto questo finisce per portare a una nuova trappola. Nel mondo degli adulti si è costretti a vivere in una situazione di svantaggio, come esponenti di una razza sottomessa che si trovano a dover ammettere che la loro sottomissione è motivata.
Il secondo fattore a favore di questo libro è costituito
senza dubbio dai personaggi, per lo più già incontrati nel primo romanzo, che
si riconfermano molto ben caratterizzati, soprattutto da un punto di vista
psicologico e del loro agire, originali e, allo stesso tempo, molto
rappresentativi della società inglese dell’inizio del Novecento. Nel complesso
la loro descrizione rimane accattivante e aggraziata, a tratti poetica,
affidata a immagini e metafore. Gli aggettivi sono scelti con cura, quasi tutto
ciò che viene scritto per descrivere la fisicità di un personaggio finisce per
fornire anche qualche informazione sulla sua psicologia o sul suo carattere.
Molto spesso, i dettagli offerti dall’autrice su un dato personaggio permettono
al lettore di meglio comprenderne il modo di stare al mondo, e affrontare la
quotidianità e le sfide più impegnative.
Tra le figure accennate ne La famiglia Aubrey, che nel secondo volume trovano più spazio e
spessore, abbiamo zio Len. Si tratta di un uomo davvero particolare, molto ben
definito, un omone grande e grosso che è anche un misto di tenerezza,
pragmatismo e cinismo. Difficile credere che sia possibile riunire tante
caratteristiche, talvolta addirittura antitetiche, in un unico personaggio,
eppure la West ci riesce. È così ben riuscito che avrebbe forse meritato più
spazio, ma compare in maniera decisiva solo nel terzo capitolo.
Ho ritrovato con grande piacere Clare Aubrey, la madre di
Rose, il personaggio che affronta la metamorfosi più importante in questo
romanzo, forse perché si pone l’accento sul suo progressivo e rapido invecchiamento.
Il peso degli anni risulta particolarmente marcato su di lei a causa delle
vicissitudini patite, ma conserva uno spirito ingenuo e facile a cogliere i
piccoli piaceri della vita, sempre bendisposto verso le persone e permeato di
fiducia. Rimane un bel personaggio, addolcito dall’età e, incredibilmente,
dagli eventi, che non l’hanno abbrutita. Sciupata e invecchiata, ma non
abbrutita.
Ho notato che Nel
cuore della notte presenta una discreta preponderanza di personaggi
femminili. Usciti di scena entrambi i mariti di Clare e Constance (cugina
amatissima di Clare), rimane solo Richard Quin, il più piccolo della nidiata, come
esponente maschile di rilievo nel romanzo, a tratti affiancato da personaggi
secondari quali il signor Morpurgo e zio Len.
La lettura procede in maniera abbastanza scorrevole,
sostenuta dallo stile dell’autrice e dal piacere nello scoprire, svelare e
seguire i personaggi. Infine, quando già si pensa di trovarsi di fronte a un
secondo volume in cui non capita nulla che sia degno di nota, necessario
unicamente a collegare il primo al terzo libro della serie, si incappa in
quelli che sono senza ombra di dubbio i capitoli più intensi ed emozionanti del
romanzo: gli ultimi due, che da soli valgono l’intera lettura. Non sto
esagerando, sono davvero splendidi, emotivamente molto forti e anche pesanti
per i contenuti, ma io li ho trovati davvero belli, forse proprio per la loro
capacità di trasmettermi grandi emozioni. È come se tutto il romanzo si
compisse in queste ultime pagine, motivando in qualche modo il senso di
aspettativa che accompagna il lettore per tutti i capitoli precedenti. Si ha
l’impressione che qualcosa dovrà accadere, prima o poi. Quel poi sta tutto nei capitoli otto e nove. Sono
pervasi di tenerezza, malinconia e amore. Speranza e paura. Tutto questo
attraverso la narrazione di Rose, viva e sentita, capace di vedere le cose per
come sono e, allo stesso tempo, di offrirne una lettura non così scontata.
Insomma, giungo al termine di questo romanzo e, nonostante all’inizio non mi abbia convinta del tutto,
mi arrendo alla consapevolezza che sicuramente leggerò il volume conclusivo
della trilogia. Perché non si può abbandonare la famiglia Aubrey. Proprio non
si può.
Il problema di questo mondo è che noi e le persone che amiamo siamo due entità separate. È terribile avere a cuore ciò che prova l’altra persona, come se fosse parte di noi, eppure non sapere mai con certezza quello che prova, perché ognuno di noi è solo se stesso.
Concordo con il giudizio. Sto cercando il terzo libro, ma non conosco il titolo, qualcuno mi può aiutare? Grazie!
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