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Recensione: Naila di Mondo9, di Dario Tonani

Titolo: Naila di Mondo9 
Autore: Dario Tonani 
Editore: Mondadori
Pagine: 310
Prezzo: 7,99 € (ebook), 11,90 € (cartaceo)

Voto: 4/5

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Quarta di copertina: 

Mondo9 è un pianeta desertico, letale, una sconfinata distesa di sabbie velenose. Nel corso dell'evoluzione i suoi abitanti si sono applicati a una sola arte, la meccanica, rendendolo il regno delle macchine, del metallo e della ruggine. Titanici veicoli a ruote, grandi come bastimenti e dotati di una loro forma di vita cosciente, solcano i deserti tra una città e l'altra mentre un Morbo letale infetta gli esseri umani trasformandoli in rottami. In questo mondo vive Naila; anche lei solca l'oceano di sabbia con la sua Syraqq, una vecchia baleniera convertita a cargo, seguendo le rotte delle megattere alla ricerca della Grande Onda. Una leggenda secondo alcuni. Una superstizione. Persino un'eresia. Per Naila, l'ossessione di una vita, il sogno, l'unica via per restituire a Mondo9 un futuro di pace.


Recensione di Ariendil:

Se quando si nomina lo steampunk ciò che vi viene in mente è la classica ambientazione nella Londra vittoriana, con uomini in bombetta e monocolo e donne dai vestiti vaporosi decorati con qualche gingillo meccanico, ecco, cancellate tutto. O meglio, fate spazio ad altro, perché lo steampunk può essere molto di più.
Dario Tonani ne dà un’eccellente dimostrazione ideando Mondo9, dove la meccanica tanto cara allo steampunk viene accolta in una realtà fatta di sabbia. È il deserto, infatti, l’ambientazione principale di “Naila di Mondo9”, con solo qualche scorcio che definire urbano sarebbe come voler tirare a lucido Mecharatt, non a caso detta “la lurida”, un ammasso di metallo e carne.
Metallo e carne, le interazioni tra le due e, in generale, tra materia organica e inorganica sono gli elementi cardine di tutta l’impalcatura di Mondo9, che poi si poggia come detto sulla sabbia del deserto.
Di materia organica e inorganica sono fatte le navi, colossi su ruote che solcano il deserto con i loro equipaggi e i loro capitani. Sono mezzi di trasporto ed esseri viventi, che è possibile governare come una qualunque nave ma anche capaci di muoversi in autonomia, comunicare, bere, sognare... e perfino riprodursi. Decisamente insolita e con un pizzico di “bizarro” la scena dell’accoppiamento tra navi, che però dimostra quanto sarebbe sbagliato considerare la Syrraq, la Robredo e tutte le altre come semplici imbarcazioni. Sono personaggi a tutti gli effetti, che mi sarebbe piaciuto conoscere di più di quanto le pagine di “Naila” consentono.
Di metallo e carne sono poi fatti i mechardionici, figure affascinanti dell’immaginario di Tonani che rappresentano l’ultimo stadio del Morbo, la malattia con cui sabbia e ruggine infettano gli uomini, trasformandoli progressivamente in qualcosa di simile ad automi (attenzione però, si parla sempre di “robot steampunk”, quindi dentro la meccanica e fuori tutto ciò che ha a che fare con elettronica e informatica).
La carne che erano, il metallo che diventano e la sabbia che li trasforma dalla forma iniziale a quella finale: è proprio nei mechardionici che i tre elementi principali di Mondo9 si riuniscono, creando originalità e superando i concetti fantascientifici classici di robot, cyborg, simbionti e ibridi vari.
Di originalità ce n’è quindi tanta in questo Mondo9 ma, come forse qualcuno avrà capito da quanto detto finora, ci sono anche tanti richiami ai mostri sacri del genere a cui appartiene.
Il pensiero va a “Dune” di Herbert non solo, come evidente, per l’ambientazione di un mondo alieno totalmente desertico, ma anche per le bestie che lo popolano (che qui non sono vermoni ma altrettanto enormi cetacei) e per l’uso di una droga che si trova solo su quel mondo (il bhet, una sostanza estratta dalla ruggine, richiama infatti la spezia di Dune sia per gli svariati effetti ed utilizzi sia per il valore che si attribuisce ad essa). Più interessante è però, a mio parere, il confronto con Asimov, colui che più di ogni altro è riuscito ad approfondire il rapporto tra uomo e macchina, le differenze e le analogie, e anche le commistioni tra i due. I mechardionici fanno il percorso inverso dell’uomo bicentenario di Asimov, non da macchina a uomo ma da uomo a macchina, più facile forse e di certo inevitabile visto il progredire del Morbo, ma riescono ugualmente a rendere labile la linea di confine tra le due facce e a far porre al lettore di fantascienza la stessa domanda da anni: dove finisce l’uomo e inizia la macchina? O viceversa, come direbbe Asimov. O ancora, come più giusto dire su Mondo9: dove finisce la carne e inizia il metallo?
Io voglio continuare a scoprirlo e per questo procederò a ritroso con la lettura della serie di racconti che hanno dato vita a Mondo9 e che hanno portato alla stesura di “Naila”. Per chi ha in mente di iniziare ora il viaggio, consiglio invece di non fare come me e di partire dall’inizio, perché a volte si ha in effetti l’impressione che manchi (o venga dato per scontato) qualche pezzo.
Non è necessariamente un male, ma la sensazione che dà è che quello che c’è a poppa sia ancora più bello del panorama a prua.


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