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Reboot. Afterlife online - Domino Finn

Titolo: Reboot. Afterlife online (Vol. 1)
Autore: Domino Finn
Editore: Dunwich Edizioni
Pagine: 364
Prezzo: 14,90 € (cartaceo), 4,99 € (ebook)

Voto: 2/5

Questo ebook ci è stato gentilmente offerto da Dunwich Edizioni in cambio di una recensione onesta.

TramaTad Lonnerman sta vivendo una giornata schifosa, bloccato in un traffico schifoso, in ritardo per una riunione schifosa. Il lato positivo è che la sua carriera come sviluppatore di giochi non è affatto schifosa, perciò la vita non è poi così male. Almeno fino a quando non muore. Ora Tad si ritrova caricato in un beta test di Haven, un MMO iper coinvolgente e non annunciato, in cui i morti hanno una seconda possibilità di vivere. Non è una realtà virtuale, è una realtà digitale. Un vero e proprio aldilà online. Solo che Haven non è esattamente un paradiso. Tad si imbatte in una faida sanguinaria con i pagani, incontra angeli caduti e si ritrova a farsi raccontare balle dai santi. I suoi unici alleati? Un ragazzo con un'abilità speciale per morire e una fatina che gli rivolge a malapena la parola. Tutto ciò che Tad desidera è tornare alla sua vecchia vita e farà qualsiasi cosa per riuscirci. Anche stringere un patto con il diavolo.

Recensione
Quando ho saputo dell’uscita di un nuovo romanzo di Domino Finn ne sono stata entusiasta. Avevo letto e apprezzato la precedente saga del Fuorilegge della Magia Nera, esaltandomi nel leggere le sue trovate paranormali e soprattutto le sue scene d’azione.
Perciò mi aspettavo molto da questa nuova uscita, anche considerando che la storia si sarebbe basata di nuovo sul fantastico e sull’action, entrambi aspetti in cui Domino Finn ha dimostrato di poter eccellere. Inoltre si sarebbe parlato di giochi di ruolo e, da buona giocatrice, io ne subisco il fascino in (quasi) ogni salsa.
Purtroppo però la lettura si è rivelata più una delusione che una conferma.
Gran parte del demerito credo sia proprio da ricercare nella tipologia di storia che si è voluto narrare, nella quale si assiste per lunghi tratti alla costruzione di un personaggio, con tanto di punti esperienza guadagnati, elenco di abilità acquisite e avanzamenti di livello. Si tratta quindi non di un romanzo ispirato a un gioco di ruolo, come possono essere ad esempio i vari Dragonlance o Forgotten Realms, e nemmeno di una storia in cui un giocatore di ruolo si ritrova nel gioco, come ad esempio la saga Hyperversum, meno che mai un libro come La stanza profonda in cui si parte dal gioco di ruolo per scoprire la vita del protagonista, qui si tratta invece di leggere di qualcuno che sta giocando. Si tratta di leggere di quale equipaggiamento viene scelto, si tratta di vedere quale abilità viene sbloccata, si tratta di sapere i punti ferita dei mostri che si incontrano e quanti ne vengono persi in ogni combattimento a ogni colpo. In due parole: è noioso. Lo è per me, che pure amo i giochi di ruolo, e immagino quanto possa esserlo per chi non li conosce o non è particolarmente attratto.
Accanto ai limiti del genere ce ne sono altri di natura stilistica, e forse è stata questa la delusione maggiore: provate a leggere le prime pagine e fate attenzione alle singole frasi. Notato niente? La subordinazione è completamente assente o ridotta al minimo e il risultato è l’appiattimento del ritmo e la monotonia narrativa. Per fortuna, continuando la lettura, diminuisce la frequenza con cui si ricorre all’uso di un costrutto di questo tipo e pian piano si ritrova una narrazione più articolata e, almeno stilisticamente, il Domino Finn  conosciuto con Il Fuorilegge della Magia Nera.
Altra nota dolente, a mio giudizio, è l’ambientazione. Il gioco ha un’ambientazione romana: i soldati sono legionari, c’è un’arena per i combattimenti che ricorda il Colosseo, i nomi di alcuni luoghi hanno chiara derivazione romana, come ad esempio il Pantheon. Peccato che per la maggior parte del tempo ci si dimentica completamente di tutto questo e le immagini che arrivano al lettore sono di una classica ambientazione fantasy medievale. Se siamo nell’antica Roma perché un’armatura a piastre con tanto di elmo con celata invece di una lorica? Perché le balestre? Perché tanto spazio a creature legate all’immaginario medievale come i draghi anziché trovarne altre più vicine a quello classico (arpie, gorgoni, chimere, minotauri... i miti traboccano di creature del genere)? E perché la scelta di usare angeli, santi (San Pietro? davvero?) e il diavolo invece, ad esempio, delle divinità greco-romane? Intendiamoci, l’ambientazione medievale va benissimo, è un classico del fantasy e personalmente è la mia preferita, ma nel momento in cui si fa una scelta diversa poi bisogna essere coerenti con quella scelta, valorizzarla e mostrarla in modo adeguato per renderne partecipe il lettore. Altrimenti il risultato è che chi legge immagina il protagonista per tutto il tempo in un contesto medievale, salvo imbattersi di tanto in tanto in un sandalo o in un centurione. Tra l’altro riguardo questi ultimi mi sorge il dubbio che l’autore non conosca la differenza tra centurione e legionario, visto che usa i due termini praticamente come sinonimi.
Cosa resta di buono? Quello che Domino Finn sa fare meglio: scrivere scene d’azione. I combattimenti sono il suo pane e si vede: riesce a renderli alla grande, con buona precisione descrittiva e allo stesso tempo mantenendo fluida la narrazione, riesce a far uscire il meglio da ogni personaggio valorizzandone le qualità e caratterizzandolo in base alle azioni che compie o alle scelte che fa, riesce a muovere con perizia tutti i partecipanti dando una visione di insieme che rende la scena quasi cinematografica. Riesce. E lo fa sempre, immancabilmente.
Saper scrivere scene d’azione non è facile e Domino Finn ha un invidiabile talento per questo. Come per l’ambientazione, va però saputo sfruttare, magari con una storia tutta action.




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