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Recensione: Rosso nella notte bianca, di Stefano Valenti

Titolo: Rosso nella notte bianca
Autore: Stefano Valenti
Editore: Feltrinelli
Pagine: 122
Prezzo: 8,99 € (ebook), 12,00 € (cartaceo)

Voto: 4,5/5

Puoi acquistarlo QUI nella versione ebook, e QUI in quella cartacea. È disponibile anche nella versione audiolibro, su Audible.

Quarta di copertina: 

Valtellina. Novembre 1994. Il settantenne Ulisse Bonfanti attende Mario Ferrari davanti al bar e lo ammazza a picconate. E, alla gente che accorre, dice di chiamare i carabinieri, che vengano a prenderlo, lui ha fatto quello che doveva. Erano quarantotto anni che Ulisse mancava da quei monti. Dopo avere lavorato tutta la vita con la madre Giuditta in una fabbrica tessile della Valsusa, è tornato e si è rifugiato nella vecchia baita di famiglia, o almeno in quel che ne è rimasto dopo un incendio appiccato nel 1944. Non un fiato, non un filo di fumo, non una presenza tutto intorno. In questo abbandono, tormentato da deliri e allucinazioni, Ulisse trascorre l'ultima notte di libertà: riposa davanti al camino, cammina nei boschi, rivive la tragedia che ha marchiato la sua esistenza. Dimenticato da tutti, si rinchiude come un animale morente in quella malga dove nessuno si è avventurato da decenni. I ricordi della povertà contadina, della guerra, della fabbrica, delle tragedie familiari, si alternano in una tormentata desolazione. Una desolazione che nasce dal trovarsi nel paese dove, nel 1946, è morta la sorella Nerina. È la stessa Nerina a narrare quanto accaduto. Uno di fronte all'altra, la neve sullo sfondo, Ulisse e la giovane sorella si raccontano le verità di sangue che rendono entrambi due fantasmi sospesi sul vuoto della Storia.


Recensione di Valentina:

Se devo essere sincera non so perché ho scelto questo libro, è successo per caso, per una ragione dimenticata o forse per un semplice errore. A volte, i libri, li ascolto. Così mi sono ritrovata nella libreria questo titolo di cui non conoscevo nulla. “Rosso nella notte bianca”.
Niente, queste quattro parole non evocavano nulla nella mia mente. Avrei potuto fare una semplice ricerca su internet ma non mi avrebbe restituito il risultato cercato. Non mi avrebbe mostrato il motivo per il quale avevo messo in lista questo volume, c’era solo un modo per capire: premere il tasto play.
Inizia la lettura una voce maschile che in un primo momento quasi mi  infastidisce, sembra stia leggendo “male” con troppe pause rispetto al necessario. Lascio andare avanti la storia, senza intromettermi, cerco di capire e tutto diventa chiaro in pochi minuti. Lo stile paratattico è proprio del protagonista, è proprio dei pensieri di Ulisse, sono i suoi racconti, sono il suo modo di raccontare. È la voce di Ulisse quella che sto sentendo, è lui che mi sta raccontando la sua storia. Una storia intrisa di dolore, di solitudine, di fame, di povertà, di guerra, di dimenticanze. Una guerra che Ulisse combatte sui monti con i suoi compagni della Brigata Matteotti, una guerra che Ulisse combatte nella sua mente con i fantasmi del suo passato, con i morti che non lo lasciano mai solo. Una fede, una religione nella quale la madre lo immerge fin da bambino che lo segna profondamente, una religione dove si rifugia quando le voci si fanno più insistenti. La vita intera passata sui monti, la vita intera vissuta nella lotta, combattendo un nemico che Ulisse vede risorgere alla fine della guerra.
Stefano Valenti racconta la guerra, racconta la vita sui monti delle donne attraverso la voce, attraverso i pensieri della madre e della sorella di Ulisse, una vita che non risparmia dolori e sofferenze, una vita che la madre scambia volentieri con il lavoro in fabbrica, perché la donna sui monti vale meno delle bestie.
Ulisse nasce in Valtellina, combatte con i partigiani e, finita la guerra, con la madre abbandonano la loro casa per spostarsi in Val Susa dove la vita è meno dura, dove sua madre lavora in un cotonificio e a cinquant’anni partecipa al suo primo sciopero. Ulisse impiega quasi cinquant’anni a tornare sui monti che lo hanno visto nascere, un ultimo atto di guerra lo aspetta.
È così che si apre il racconto di Valenti, è così che ci viene presentato il protagonista. Un atto violento, crudo, senza un motivo apparente. Un’analessi ci porta indietro nel tempo, ci porta a quasi settant’anni prima, la voce di Ulisse ci accompagna nella sua vita, ci accompagna nella sua mente. Ci mette di fronte a un passato che tendiamo a dimenticare, ci mostra senza fare sconti quanto la vita facesse male. Ascoltando le parole di questo libro mi rendo conto che potrebbero essere di chiunque, magari di un parente lontano a cui abbiamo chiesto da bambini con quella curiosità innocente “Com’era la guerra?”. Ho terminato l’ascolto ormai da qualche giorno ma questa storia non mi ha ancora abbandonata.

Ho scoperto solo oggi che l’autore si è ispirato alla vita di un partigiano realmente esistito, avrei dovuto aspettarmelo, in fondo la crudeltà umana non serve immaginarla.


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