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Recensione: Per una fetta di mela secca, di Begoña Feijoo Fariña

Titolo: Per una fetta di mela secca
AutoreBegoña Feijoo Fariña
Editore: Gabriele Capelli Editore
Pagine: 129
Prezzo: 6,00 € (ebook), 16,00 (cartaceo)

Voto: 5/5

Puoi acquistarlo QUI nella versione ebook e QUI in quella cartacea.

Questo ebook ci è stato gentilmente offerto da Gabriele Capelli Editore in cambio di una recensione onesta.

Quarta di copertina: 

Fra l’inizio degli anni Quaranta e quello degli anni Ottanta del XX secolo, in Svizzera vigeva la prassi di affidare, d’ufficio e contro la volontà dei diretti interessati, bambini e giovani a istituti o contadini. I numerosi collocamenti che avvennero in quel lunghissimo periodo interessarono bambini provenienti da famiglie povere, figli illegittimi o appartenenti a situazioni familiari precarie, ragazzi considerati difficili, scomodi o ribelli. Molte delle vittime di tali decisioni di collocamento coercitivo sono state mandate a servizio, sfruttate in aziende agricole, internate in istituti psichiatrici o penitenziari, maltrattate, sottoposte ad adozioni forzate o hanno subito (spesso a loro insaputa) sterilizzazioni.

Per una fetta di mela secca racconta la storia di una di questi bambini: Lidia Scettrini. Un nome e una storia di fantasia utilizzati per raccontare quella che è stata la storia di molti.

In seguito al divorzio dei genitori, Lidia resta a vivere con sua madre a Cavaione (un piccolo borgo della Svizzera orientale). Stanca delle prese in giro da parte di alcuni dei suoi compagni un giorno ruba la merenda a Piero. Accusata dai genitori di lui e a causa della povertà in cui lei e la madre vivono, viene mandata in istituto, dove subirà maltrattamenti da parte di alcune delle suore che lo gestiscono e sarà poi data in affidamento a un contadino. Nella nuova “casa” c’è anche Anne, la moglie malata e costretta a letto del contadino, unico spiraglio d’amore per Lidia. Alla morte di Anne, Lidia, ormai diciannovenne e prossima alla maggiore età, può finalmente liberarsi dall’orrore di quella vita e tornare a Cavaione. Da questo ritorno al villaggio, che ormai non sente più suo, parte il tentativo di rifarsi una vita. Con non poche difficoltà costruirà una nuova sé cercando di tenere a bada il dolore dei ricordi.
Nel 2018 e in seguito all’istituzione del fondo di solidarietà istituito dalla Confederazione e dai Cantoni a sostegno di ex vittime delle cosiddette “misure coercitive a scopo assistenziale”, Lidia si troverà a dover compilare il modulo di richiesta, rievocando tutto ciò che le è stato rubato e scoprendo in sé la forza di vivere il presente.

Recensione di Antonella:

Posso descrivere questo romanzo con tre aggettivi: toccante, vero, spesso. Toccante, perché la tematica, tutt’altro che leggera, arriva dritta al cuore (quando non allo stomaco) e ti avvince, ti rende partecipe, ti commuove e ti fa arrabbiare, soprattutto ti fa riflettere. Vero, perché l’autrice ha svolto un attento lavoro di ricerca prima di affrontare la stesura, ed è un fatto evidente. Spesso, perché è un libro ben scritto e contiene un po’ tutto quello che serve per creare una buona lettura: una trama ben strutturata, personaggi credibili e molto ben costruiti, uno stile impeccabile e pulito, non parco di immagini riuscite e sprazzi di poesia. Non sento di esagerare se dichiaro che questo romanzo ha tutte le carte in regola per diventare un testo di riferimento, da suggerire come lettura nelle scuole superiori per avvicinare i giovani a un capitolo molto oscuro della storia sociale svizzera. Al di là dell’argomento trattato, gli spunti di riflessione offerti da queste pagine sono, a mio parere, un valido supporto per la formazione del pensiero critico.
La trama della Feijoo Fariña è costruita attorno all’esistenza della piccola Lidia, che seguiamo nel difficile percorso che la porterà alla maturità. Un percorso sofferto, doloroso, che comincia con l’allontanamento dall’amata mamma, giudicata inadeguata per occuparsi di lei (anche perché divorziata in un’epoca in cui il divorzio era ancora un tabù), e il conseguente collocamento in un orfanotrofio gestito da suore molto poco ben disposte verso le piccole ospiti. Non si può non affezionarsi subito a Lidia, non si può non patire con lei, non sperare per lei, anche quando si ha l’impressione che non ci sarà nulla di buono per questa povera ragazza. Eppure, nonostante le brutture, le ingiustizie, i soprusi, la speranza permane. Ed è a questa speranza che ci si aggrappa, divorando una pagina dopo l’altra, per arrivare a trovare uno spiraglio di luce.
Le ambientazioni costruite dall’autrice sono estremamente realistiche, si evince una ricerca che non è stata solo storica, ma anche geografica. Vengono citate diverse località tra i Grigioni e il Ticino, descritte peraltro molto bene. I personaggi si muovono all’interno di questo scenario in maniera impeccabile, rivelando tutte le loro peculiarità, soprattutto psicologiche. Si riescono a intuire le loro credenze, i loro limiti, i loro drammi. Sono ben tratteggiati, a volte all’autrice bastano poche parole per mostrarceli in tutta la loro umanità, nel bene e nel male.
Lo stile della scrittrice è pulito, scorrevole, eppure regala piacevoli immagini, talvolta permeate di una poesia lieve come il tocco di una farfalla, talaltra aprendo una riflessione che va oltre i fatti narrati, facendosi anticamera di pensieri più profondi, più ampi. Ogni parola è al suo posto, la struttura narrativa regge dall’inizio alla fine, il ritmo è buono, mai troppo lento o troppo veloce.

“Per una fetta di mela secca” è un ottimo romanzo, sotto molti punti di vista. Un’unica nota mi pare doverosa: la tematica trattata è forte, dura. Occorre affrontare la lettura consapevoli del fatto che non sarà affatto una passeggiata, anche perché si tratta di fatti ispirati alla realtà. Non è il primo lavoro di quest’autrice così promettente che, con esso, ha toccato un livello molto alto. Sarò curiosa di leggere le sue prossime opere, nella speranza di trovare la stessa verità, la stessa toccante ricerca di speranza. 


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