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Recensione: La stagione della morte, di Giorgio Borroni

Titolo: La stagione della morte
Autore: Giorgio Borroni
Editore: Autopubblicato
Pagine: 41
Prezzo: 0,99 € (solo ebook)

Voto: 4,5/5

Puoi acquistarlo QUI.

Questo ebook ci è stato gentilmente offerto dall'autore in cambio di una recensione onesta.

Quarta di copertina: 

“La stagione della morte” è un racconto tutto italiano, un mix di pulp e horror con scene toste e a tratti raccapriccianti, ambientato nella Maremma toscana di inizio anni Ottanta.
Ilio è un reietto e la sua vita in paese è stata sempre un inferno. Quando decide di lasciarsi alle spalle quel luogo tanto opprimente, l’unica persona che desidera portare con sé è Lara, la sua giovane fidanzata. Nessuno potrà fermarlo, è questo ciò che pensa quando bussa alla sua porta. Ma un oscuro mistero si cela dentro quella casa. Non la lasceranno andare, loro non vivono come le persone normali e per liberarsi di lui useranno metodi poco ortodossi e rituali abominevoli.
“La stagione della morte” è una storia dura e cattiva. Fra cazzotti, giratubi usati come corpi contundenti e la natura cupa e misteriosa del paesaggio, la mente del lettore si riempirà di domande a cui non troverà facilmente risposte.
Eppure la riposta è solo una.
E per scoprirla bisognerà arrivare fino in fondo.

La stagione della morte è un racconto horror illustrato.
Illustrazioni di Giorgio Borroni.

Recensione di Ariendil:


La lettura di questo libro, un racconto lungo illustrato di genere horror scritto da Giorgio Borroni, è stata segnata da un grosso equivoco iniziale.
No, non sto parlando della scelta di leggerlo perché, avendo già letto altri lavori dell’autore e conoscendo sia il suo modo di scrivere sia la sua idea di horror, avevo l’assoluta certezza che avrei avuto per le mani un ottimo prodotto.
L’equivoco nasce invece dalla copertina. O meglio, dal disegno che io ho immaginato di vedere in copertina.
A mia discolpa posso dire che il primo impatto visivo con la cover l’ho avuto dallo schermo del cellulare, che è volutamente piccolo perché il cellulare deve entrarmi in tasca senza sporgere di mezzo metro come se avessi una tegola nei jeans.
E io su quello schermo ci ho visto una zampa. Nera, con gli artigli chiari protesi in alto, in un gesto a metà tra l’aggressivo e il disperato. Affascinante e poetico. Peccato solo che quell’immagine non esiste.
Già, perché quelli disegnati sulla copertina, peraltro benissimo (non si sa che mi ero bevuta per vederci una zampa), sono uccelli! E hanno di certo molto più attinenza con il racconto.
È proprio qui, negli elementi presenti nel racconto, che sta l’equivoco.
Fuorviata dalla zampa, mi aspettavo prima o poi l’arrivo di un qualcosa di animalesco e visto l’aspetto fisico del protagonista, Ilio, del quale viene fornita anche l’illustrazione, ero praticamente certa che si trattasse di licantropi.
Non originalissimo ma, ehi, i licantropi non hanno bisogno di essere originali per essere fighi.
All’inizio leggevo e mi sembrava di cogliere particolari che in realtà non esistevano, immaginavo quando e in che modo il protagonista si sarebbe trasformato e quali conseguenze questo avrebbe avuto sulla (già strana di suo) storia d’amore tra lui e Lara. Mi sono anche lanciata in ipotesi più o meno fantasiose, cambiando le carte in tavola e ipotizzando che la bestia fosse qualcun altro. E forse questa è la sola cosa tra quelle che mi sono passate per la mente che si è avvicinata un pochino alla verità.
Insomma, le pagine passavano, le illustrazioni anche, la storia avanzava e dei mannari neanche l’ombra.
Non mi sono accorta quando ho smesso di pensarci, forse sulla porta d’ingresso della famiglia di Lara.
È lì che il racconto cambia passo e atmosfere, addentrandosi sempre più in un horror fatto di misteri.
Non tutti verranno svelati. Al contrario, l’intenzione sembra essere proprio quella di lasciare al lettore il compito di rispondere da solo alle proprie domande, una tra tutte: cos’è successo davvero?
Ormai siamo abituati ai finali aperti, a me personalmente non dispiacciono affatto, anche se so che a molti fanno storcere il naso, ma qui siamo davanti a qualcosa di diverso: il finale c’è, ed è pure bello chiuso, con poco spazio ad alternative possibili, quello che invece resta all’interpretazione del lettore è come ci si sia arrivati a quel finale.
Ci sono un paio di ipotesi che a me piacciono più di altre, lo ammetto, ma mi piace anche pensare che non sempre serva sapere tutto, soprattutto se forse non lo sa neanche il protagonista che lo ha vissuto.
Qualunque cosa sia successa, però, ha spinto in un angolo della mia mente la zampa, i licantropi e tutte le fantasie accese dall’equivoco della copertina, perché quando una storia avvince non pensi ad altro che a seguirla.


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