Titolo: Gabbia per uccellini
Autore: S.M. May
Editore: Autopubblicato
Pagine: 279
Prezzo: 2,99 € (ebook), 10 € (cartaceo)
Voto: 4/5
Trama (dalla quarta di copertina):
Mai sottovalutare un acquazzone di primavera.
Quando Rey Morales, studente all’università di
La Salle, Philadelphia, esce a festeggiare l’ultima vittoria della squadra di
baseball, può solo aspettarsi una serata rilassante insieme ai compagni e
tifosi, piena di musica e birra. Ma la pioggia continua a cadere incessante, e
Julien, l'uomo più affascinante di tutto il locale, si offre di accompagnarlo
sino al campus.
Che c’è di male ad accettare quel
passaggio?
Al suo risveglio, Rey si ritrova senza vie di
fuga e senza difese.
Un uccellino chiuso in gabbia,
con un padrone esigente che vuole prendersi
cura di lui.
209 notti che valgono una vita.
Quando Matthew Forsyth, ambizioso sostituto
procuratore della città, si vede assegnato il caso Morales, può solo pensare
che sia iniziato uno dei periodi più fortunati della propria carriera. Niente
di meglio che un processo facile e sensazionale, per garantirsi promozioni e
successo.
Che c’è di male ad accettare quell’incarico?
Peccato che non sia così facile capire chi, tra
la vittima e l’imputato, sia l’individuo più pericoloso in aula.
209 notti su cui manca una verità certa.
Due presunti colpevoli.
Un processo che nessuno vuole vincere
davvero.
Una gabbia invisibile che imprigiona ancora.
E un’unica domanda: chi tiene davvero la
chiave?
Recensione:
Eccomi
tornata dopo un lunghissimo periodo di blocco del lettore davvero brutto. Non
riuscivo più a leggere nulla e mi dispiace molto per gli scrittori, come S.M.
May che mi avevano affidato il loro libro per una recensione e che mi hanno
vista sparire nel nulla.
Fatte le dovute spiegazioni per la mia assenza, iniziamo subito.
In Gabbia per uccellini l’autrice segue due linee narrative: una ambientata nel
passato, che racconta le famose 209 notti di prigionia di Rey e che ha, quindi,
una componente molto psicologica; l’altra che si svolge nel presente e si
presenta quasi come un thriller giudiziario, in cui vediamo il sostituto
procuratore Matt, impegnato nelle varie procedure legali, che si divide tra la propria ambizione e il desiderio di far
prevalere la giustizia, alimentato dai begli occhi di Rey.
Le
due parti si contrappongono in più di una caratteristica, ad esempio nella
varietà delle ambientazioni. La prigionia di Rey si svolge tutta nella sua
stanza o nell’appartamento del padrone, con due brevi e piccole eccezioni. Matt
invece si muove in un insieme di ambienti che vanno dal suo ufficio a casa sua,
dalla casa dei nonni alla prigione; non molti ma decisamente più ampi e
affollati.
La storia è semplice e già riassunta nella trama, il libro si regge molto sulle
emozioni e le sensazioni, principalmente di Rey , ma anche di Matt, con
l’incertezza che coglie quest’ultimo sui veri sentimenti e le vere intenzioni
del primo.
I protagonisti sono pochi e ben caratterizzati. Ovviamente, chi colpisce di più
è proprio Rey, che subisce notevoli cambiamenti, da quelli derivanti dalla sua
prigionia a quello più velato della sua maturazione sessuale e accettazione di
sé, che, anche se minore, è un aspetto presente e da non sottovalutare. Il suo
è un personaggio che subisce infinite trasformazioni, i suoi pensieri sono
sempre in divenire e spesso contrastanti. Matt, invece, è un personaggio molto
più solido e definito. Ha i suoi principi e le sue convinzioni e, anche se
sembra buttare tutto all’aria per passione, mantiene sempre una grande lucidità
e scaltrezza.
Altro
protagonista indiscusso è Julien, il cattivo del libro. Il crudele carceriere
che alla fine può spingere quasi a compassione per la sua follia, come dice lo
stesso Matt, ma che non si riesce a perdonare.
Questo è stato un grande pregio del libro. Fin troppo spesso capita di vedere
libri in cui la figura del cattivo è estremamente labile, mal definita,
affascinante, quasi giustificata e accettata dai protagonisti, spesso
innamorati di loro. Qui Julien ha un suo oscuro fascino, di cui è vittima il
lettore come Rey, ma il suo ruolo resta sempre negativo, il suo carattere e i
suoi atteggiamenti sono odiosi e imperdonabili.
Mi è molto piaciuta anche quella sensazione di dubbio e di incertezza che il
lettore può provare man mano che durante gli interrogatori emergono nuovi dati.
I colpi di scena sono ben dosati e ben elaborati. Il finale forse è un po’
affrettato, soprattutto nella ripresa di Rey, ma non dà troppo fastidio. I
dialoghi in alcuni casi, invece, mi sono sembrati un pochino forzati. Una cosa
che forse potrebbe migliorare questo libro è un maggior editing, ci sono alcuni
errori facilmente evitabili e che dispiace vedere in un libro la cui trama è
ben costruita e ben trattata.
Da rimarcare che l’autrice si è impegnata in un tema non facile ed è, a mio
parere, riuscita a rendere bene la sindrome di Stoccolma, di cui è ovviamente
vittima Rey, e tutte le sue sfumature. I miei complimenti vanno quindi per un
lavoro che poteva scadere nel banale ma che in tanti piccoli particolari mostra
una grande attenzione.
Purtroppo
il finale che non mi ha colpito moltissimo e gli errori che si trovano qui e là
hanno influenzato il giudizio finale, che resta, però, alto. Leggere questo
romanzo è stato bello, piacevole e veloce (ti tiene incollato alle pagine). Un
ottimo libro per tutti e, nel mio caso, per tornare a leggere.
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