Autori: Alastor Maverick e L.A. Mely
Editore: Dark Zone
Pagine: 148
Prezzo: 2,99 € (ebook)
Voto: 3/5
Trama:
Un solo indizio sancisce l’inizio della caccia. I fratelli Hoyt viaggeranno fino a Glasgow con il loro sidecar seguendo le tracce di Emma. Arriveranno nella villa dalle pareti a mosaico della famiglia Gover dove un nuovo caso li attende. Una maledizione grava sulla famiglia e il mistero sulla scomparsa di Emma si infittisce. I due investigatori saranno costretti a combattere con lati dei loro caratteri che neanche sapevano di avere e che potrebbero minare la loro capacità di giudizio, ma dovranno anche affrontare una minaccia più grande. Tra tecnologie avanzate, pericoli celati e verità nascoste la vita degli Hoyt sta per essere di nuovo stravolta. Cosa troveranno scoperchiando il vaso di Pandora?
Recensione:Siamo al secondo capitolo delle avventure dei fratelli Hoyt, gli Steambrothers, come vengono chiamati dopo il loro primo successo londinese. Per questo libro l’ambientazione si sposta nel Galles, dove i due si recano per cercare la sorella perduta, ma resta sempre infarcita di particolari steampunk che conferiscono fascino e curiosità. A mio giudizio la scelta di un genere che punta così tanto sull’ambientazione e sull’atmosfera è l’aspetto più interessante del romanzo: la sfida è non relegare lo steampunk sullo sfondo né farlo diventare folkloristico, ma intrecciarlo agli eventi e al contesto generale nel quale si muove la vicenda, proporlo come un mondo verosimile e non solo come macchia di colore. In questo senso, gli autori riescono a fare centro, trattando questo genere con un rispetto e una cura anche maggiore che nel primo libro. L’unica perplessità è forse solo sui dispositivi di riconoscimento digitale, tecnologia più vicina all’elettronica/informatica che alla meccanica e quindi aspetto più da fantascienza/cyberpunk che da steampunk. Niente però ci vieta di pensare che ci sia un qualche meccanismo diverso dall’analisi grafica delle impronte sviluppato in assenza di conoscenze informatiche.
Mi ha invece lasciato di nuovo poco impressionata la parte investigativa del romanzo, che mi ha poco coinvolto e che ho trovato organizzata in maniera un po’ troppo semplicistica. In particolare per la risoluzione finale si ricorre ancora alla genetica, trattandola tuttavia in modo estremamente banale e scegliendo uno di quei casi elementari che vengono usati proprio a titolo esemplificativo per spiegare l’ereditarietà X-linked nei corsi introduttivi di base (non entro troppo nel dettaglio per ovvie ragioni di spoiler). Da un testo di narrativa non ci si aspetta certo un saggio di genetica, ma non è bello neanche ritrovarci gli esempi tipici di un libro di scienze delle medie-superiori, senza lo sforzo di cercare qualcosa di più originale. Questo va ovviamente a scapito della suspence, visto che, quando si inizia a subodorare lo zampino di una spiegazione genetica (piuttosto presto, a dire il vero), la risposta arriva decisamente telefonata. Su quanto detto va comunque considerato che mal sopporto i gialli in generale e che la mia scarsa partecipazione potrebbe essere conseguenza del genere stesso più che della storia in sé.
Tralasciando i pregi portati dallo steampunk e i difetti portati dal giallo e giudicando invece il testo senza tener conto del genere, si nota uno stile ancora acerbo che però mi sembra in miglioramento rispetto al precedente romanzo.
In particolare, è presente qualche difetto linguistico sia dal punto di vista grammaticale sia dal punto di vista narrativo. Nel primo caso si trova qualche, raro, problema di concordanza di genere per i pronomi personali (es. “cambiargli la ferita” riferito a una donna) e, più di frequente, un uso scorretto o impreciso della punteggiatura, in particolare della virgola che manca quasi sempre nei vocativi e non viene usata nel modo appropriato per dare il giusto senso a frasi ambigue (es. “In confronto a Londra c’è un clima temperato e piacevole”: senza nessuna virgola non si può capire se si intende che, in confronto a Londra, nel posto in cui si trovano c’è un clima temperato e piacevole o se, in confronto al posto in cui sono, a Londra c’è un clima temperato e piacevole. Per la cronaca, è la seconda). Se a queste sviste, come anche a qualche ripetizione di troppo, si può porre facilmente rimedio con una più attenta pulitura del testo, le imperfezioni narrative sono più profonde. Oltre a qualche infodump, digressione e scivolone sul pdv, che a volte salta dai fratelli Hoyt alle abitudini e ai retroscena della famiglia Gover, si nota l’abbondanza nell’utilizzo frasi fatte (“macinare km e km”, “avere il diavolo alle calcagna”, “cigolio sinistro”, “il tempo smise di scorrere”, “preciso momento”) e parole poco specifiche (“una sensazione inquietante”, “un rumore indefinibile”), che non aggiungono nulla all’immagine o alla sensazione che si vuole far passare. A volte, oltre ad essere poco specifiche, queste scorciatoie narrative sono anche senza senso, come nel caso del rumore indefinibile: “Dalla stanza dove la famiglia era solita trascorrere la maggior parte del tempo provenne un rumore indefinibile. Era un pianoforte accompagnato dalle corde di un violino e poi un flauto che seguivano la scalata di note tamburellate da qualcuno su tasti bianchi e tasti neri all’inseguimento di una toccata e fuga in Re minore di Johann Sebastian Bach.” Vista l’accurata descrizione, direi che il rumore era più che definibile.
Alcune parole sono poi usate male, nel senso che non hanno il significato che si vuole dare loro: ad esempio “fessurare” (nel testo viene usato “fessurò gli occhi”) nel suo, raro, uso transitivo significa crepare, fendere, non ridurre a fessura come nell’accezione di socchiudere gli occhi. Discorso a parte per la frase “dare sintomo di sé” perché figlia di un’erronea trasposizione nel linguaggio comune di un termine medico: per quanto i due termini possano essere confusi al di fuori dell’ambiente medico, tanto da ritrovarsi come sinonimi, segno e sintomo non sono sinonimi per niente poiché il segno è un dato oggettivo riscontrabile dall’osservatore, mentre il sintomo è una sensazione soggettiva riferita dal paziente. Per questa ragione “dare sintomo di sé” non può essere uguale a “dare segno di sé”, perché la prima sarebbe una manifestazione soggettiva di quel “sé” mentre la seconda, richiesta nel caso specifico di questo testo dal senso della frase, è oggettiva.
Altra imprecisione linguistica è sull’”andare in tilt”, espressione che si riferisce al blocco delle funzioni e derivata dal blocco (tilt) del flipper, che però vede la luce solo nel 1950 circa, quindi successivamente all’età vittoriana: qualora in una realtà alternativa steampunk il gioco si fosse sviluppato prima (possibile, visto l’uso di meccanica ed elettricità) occorreva contestualizzare meglio il termine.
Meno evidenti ma presenti anche alcune note stonate concettuali più che di forma o stile. Ne riporto due esempi.
I due fratelli Hoyt si stupiscono di trovare oleandri (perché poi a volte è scritto in maiuscolo?) perché sono piante che necessitano di cure continue e costose: non so se sia vero (fanno da spartitraffico in molte autostrade, che non hanno questa grande manutenzione, ma non sono un’esperta di botanica), ma non vedo il problema visto che si trovano nel giardino della villa di una famiglia ricca che di certo può permetterseli. Che degli astuti investigatori non notino questo “particolare” sembra strano.
In un secondo caso, Mel definisce raro che un fulmine colpisca due volte lo stesso punto: visto che un fulmine tende a scaricare (quasi) sempre sul punto più alto (vedi la teoria delle punte), va da sé che ci sono punti che, per il solo fatto di essere più in alto degli altri, vengono colpiti anche centinaia di volte dai fulmini. È il concetto sul quale si basano i parafulmini (e Franklin aveva già esposto le sue teorie in età vittoriana). Il fatto che a dire una sciocchezza del genere sia proprio Mel, di cui si ribadisce più volte la logica, l’intelligenza e la cultura, toglie credibilità al personaggio. Ovviamente nel passaggio si fa riferimento al fatto che sia raro che un fulmine colpisca due volte, in maniera casuale, la stessa persona, che è diverso dal dire che colpisce due volte lo stesso punto. Proprio per le caratteristiche del personaggio di Mel, una maggiore attenzione ai particolari sarebbe auspicabile.
Ci tenevo a sottolineare quelli che, a mio giudizio, sono i punti più deboli del romanzo per dare un feedback utile a due autori in crescita che si stanno cimentando in quella che sembra essere una vera e propria saga investigativa, nella speranza che nei prossimi capitoli si possa far tesoro anche di queste osservazioni.
Non si cada però nell’errore di considerare questo secondo libro un passo falso perché sono tanti gli aspetti positivi del libro. La storia orizzontale, quella che si dipana romanzo dopo romanzo, ha tutte le caratteristiche per avvincere. I due fratelli sono infatti alla ricerca della sorella maggiore, che sembra invischiata in qualcosa di bello grosso, tanto da richiedere la comparsa di un villain in questo secondo episodio: promette azione, colpi di scena e anche una buona carica emotiva visto l’affetto che lega i tre fratelli e la loro lunga separazione.
Questo filone nel quale si aprono le varie indagini è degno di essere seguito nel tempo e incoraggiato e la contaminazione tra il genere steampunk e il giallo può aprire nuovi orizzonti agli amanti dell’uno e dell’altro genere. Mi aspetto, quindi, una crescita nel tempo della storia e degli autori, che continuerò a seguire con interesse.
Mi ha invece lasciato di nuovo poco impressionata la parte investigativa del romanzo, che mi ha poco coinvolto e che ho trovato organizzata in maniera un po’ troppo semplicistica. In particolare per la risoluzione finale si ricorre ancora alla genetica, trattandola tuttavia in modo estremamente banale e scegliendo uno di quei casi elementari che vengono usati proprio a titolo esemplificativo per spiegare l’ereditarietà X-linked nei corsi introduttivi di base (non entro troppo nel dettaglio per ovvie ragioni di spoiler). Da un testo di narrativa non ci si aspetta certo un saggio di genetica, ma non è bello neanche ritrovarci gli esempi tipici di un libro di scienze delle medie-superiori, senza lo sforzo di cercare qualcosa di più originale. Questo va ovviamente a scapito della suspence, visto che, quando si inizia a subodorare lo zampino di una spiegazione genetica (piuttosto presto, a dire il vero), la risposta arriva decisamente telefonata. Su quanto detto va comunque considerato che mal sopporto i gialli in generale e che la mia scarsa partecipazione potrebbe essere conseguenza del genere stesso più che della storia in sé.
Tralasciando i pregi portati dallo steampunk e i difetti portati dal giallo e giudicando invece il testo senza tener conto del genere, si nota uno stile ancora acerbo che però mi sembra in miglioramento rispetto al precedente romanzo.
In particolare, è presente qualche difetto linguistico sia dal punto di vista grammaticale sia dal punto di vista narrativo. Nel primo caso si trova qualche, raro, problema di concordanza di genere per i pronomi personali (es. “cambiargli la ferita” riferito a una donna) e, più di frequente, un uso scorretto o impreciso della punteggiatura, in particolare della virgola che manca quasi sempre nei vocativi e non viene usata nel modo appropriato per dare il giusto senso a frasi ambigue (es. “In confronto a Londra c’è un clima temperato e piacevole”: senza nessuna virgola non si può capire se si intende che, in confronto a Londra, nel posto in cui si trovano c’è un clima temperato e piacevole o se, in confronto al posto in cui sono, a Londra c’è un clima temperato e piacevole. Per la cronaca, è la seconda). Se a queste sviste, come anche a qualche ripetizione di troppo, si può porre facilmente rimedio con una più attenta pulitura del testo, le imperfezioni narrative sono più profonde. Oltre a qualche infodump, digressione e scivolone sul pdv, che a volte salta dai fratelli Hoyt alle abitudini e ai retroscena della famiglia Gover, si nota l’abbondanza nell’utilizzo frasi fatte (“macinare km e km”, “avere il diavolo alle calcagna”, “cigolio sinistro”, “il tempo smise di scorrere”, “preciso momento”) e parole poco specifiche (“una sensazione inquietante”, “un rumore indefinibile”), che non aggiungono nulla all’immagine o alla sensazione che si vuole far passare. A volte, oltre ad essere poco specifiche, queste scorciatoie narrative sono anche senza senso, come nel caso del rumore indefinibile: “Dalla stanza dove la famiglia era solita trascorrere la maggior parte del tempo provenne un rumore indefinibile. Era un pianoforte accompagnato dalle corde di un violino e poi un flauto che seguivano la scalata di note tamburellate da qualcuno su tasti bianchi e tasti neri all’inseguimento di una toccata e fuga in Re minore di Johann Sebastian Bach.” Vista l’accurata descrizione, direi che il rumore era più che definibile.
Alcune parole sono poi usate male, nel senso che non hanno il significato che si vuole dare loro: ad esempio “fessurare” (nel testo viene usato “fessurò gli occhi”) nel suo, raro, uso transitivo significa crepare, fendere, non ridurre a fessura come nell’accezione di socchiudere gli occhi. Discorso a parte per la frase “dare sintomo di sé” perché figlia di un’erronea trasposizione nel linguaggio comune di un termine medico: per quanto i due termini possano essere confusi al di fuori dell’ambiente medico, tanto da ritrovarsi come sinonimi, segno e sintomo non sono sinonimi per niente poiché il segno è un dato oggettivo riscontrabile dall’osservatore, mentre il sintomo è una sensazione soggettiva riferita dal paziente. Per questa ragione “dare sintomo di sé” non può essere uguale a “dare segno di sé”, perché la prima sarebbe una manifestazione soggettiva di quel “sé” mentre la seconda, richiesta nel caso specifico di questo testo dal senso della frase, è oggettiva.
Altra imprecisione linguistica è sull’”andare in tilt”, espressione che si riferisce al blocco delle funzioni e derivata dal blocco (tilt) del flipper, che però vede la luce solo nel 1950 circa, quindi successivamente all’età vittoriana: qualora in una realtà alternativa steampunk il gioco si fosse sviluppato prima (possibile, visto l’uso di meccanica ed elettricità) occorreva contestualizzare meglio il termine.
Meno evidenti ma presenti anche alcune note stonate concettuali più che di forma o stile. Ne riporto due esempi.
I due fratelli Hoyt si stupiscono di trovare oleandri (perché poi a volte è scritto in maiuscolo?) perché sono piante che necessitano di cure continue e costose: non so se sia vero (fanno da spartitraffico in molte autostrade, che non hanno questa grande manutenzione, ma non sono un’esperta di botanica), ma non vedo il problema visto che si trovano nel giardino della villa di una famiglia ricca che di certo può permetterseli. Che degli astuti investigatori non notino questo “particolare” sembra strano.
In un secondo caso, Mel definisce raro che un fulmine colpisca due volte lo stesso punto: visto che un fulmine tende a scaricare (quasi) sempre sul punto più alto (vedi la teoria delle punte), va da sé che ci sono punti che, per il solo fatto di essere più in alto degli altri, vengono colpiti anche centinaia di volte dai fulmini. È il concetto sul quale si basano i parafulmini (e Franklin aveva già esposto le sue teorie in età vittoriana). Il fatto che a dire una sciocchezza del genere sia proprio Mel, di cui si ribadisce più volte la logica, l’intelligenza e la cultura, toglie credibilità al personaggio. Ovviamente nel passaggio si fa riferimento al fatto che sia raro che un fulmine colpisca due volte, in maniera casuale, la stessa persona, che è diverso dal dire che colpisce due volte lo stesso punto. Proprio per le caratteristiche del personaggio di Mel, una maggiore attenzione ai particolari sarebbe auspicabile.
Ci tenevo a sottolineare quelli che, a mio giudizio, sono i punti più deboli del romanzo per dare un feedback utile a due autori in crescita che si stanno cimentando in quella che sembra essere una vera e propria saga investigativa, nella speranza che nei prossimi capitoli si possa far tesoro anche di queste osservazioni.
Non si cada però nell’errore di considerare questo secondo libro un passo falso perché sono tanti gli aspetti positivi del libro. La storia orizzontale, quella che si dipana romanzo dopo romanzo, ha tutte le caratteristiche per avvincere. I due fratelli sono infatti alla ricerca della sorella maggiore, che sembra invischiata in qualcosa di bello grosso, tanto da richiedere la comparsa di un villain in questo secondo episodio: promette azione, colpi di scena e anche una buona carica emotiva visto l’affetto che lega i tre fratelli e la loro lunga separazione.
Questo filone nel quale si aprono le varie indagini è degno di essere seguito nel tempo e incoraggiato e la contaminazione tra il genere steampunk e il giallo può aprire nuovi orizzonti agli amanti dell’uno e dell’altro genere. Mi aspetto, quindi, una crescita nel tempo della storia e degli autori, che continuerò a seguire con interesse.
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